La versione restaurata di Atalante verrà proiettata dal 15 gennaio nelle sale italiane, seconda pellicola del regista francese Jean Vigo, scomparso poco prima di terminare di girare il film.
Posteriormente a due documentari (A proposito di Nizza e Taris, o del nuoto) e ad un mediometraggio (Zero in condotta) il lascito culturale di Vigo, si arricchisce con questo lungometraggio.
Dopo aver narrato di discrepanze sociali e sommosse scolastiche Vigo, in Atalante, pone l’accento sulle irte dinamiche della vita di coppia, dall’idillio iniziale alle difficolta successive.
Juliette (Dita Parlo) sposa Jean (Jean Dastè), comandante di una chiatta fluviale da trasporto, denominata proprio l’Atalante. Nell’imbarcazione vivono anche il marinaio Père Jules (Michel Simon) ed un giovane mozzo. Père è un girovago bisbetico in fin dei conti domabile e genuino nonostante sia vestito di imperfezioni. La convivenza a bordo si rivela difficile e la corrispondenza d’amorosi sensi tra routine e gelosie si sfalda. Tra giochi e magie entra in scena anche la superstizione: secondo una credenza, infatti, chi tiene aperti gli occhi in acqua vede l’amata. Dopo la fuga di Juliette a causa di incomprensioni, Jean si immerge in un fiume e vede la donna in abito da sposa. La sequenza onirica è stata riproposta per anni nella sigla di Fuori orario, programma condotto da Enrico Ghezzi su Rai Tre, sulle note di Because the night di Patty Smith. Alla protesta della sposina, un atto rivoluzionario per l’epoca segue il ricongiungimento e il trionfo della loro unione.
Soggetto a censura e tagli, nel 1934 esce nelle sale col titolo Le chaland qui passe in riferimento al brano di Cesare Andrea Bixio, Parlami d’amore Mariù e si rivela un insuccesso. Rivalutato e apprezzato negli anni, spartiacque tra cinema delle origini e moderno, L’atalante dell’artista francese stroncato dalla tubercolosi a ventinove anni prima di terminare le riprese, può essere considerato un’opera senza tempo.
“Non è certo il mozzo che fa gonfiare le vele soffiandoci dentro” ma di certo ai laboratori di restauro cinematografico L’immagine ritrovata di Bologna e L’image retrouvèe di Parigi spetta il merito di aver riportato a nuova vita il film tramite la versione restaurata in 4k.
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