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“L’uomo che uccise Don Chisciotte”, presentato a Cannes, è il nuovo film di Terry Gilliam, una produzione complessa fatta di rallentamenti, sostituzione di attori, problematiche sulla sceneggiatura e sul set che lo ha portato sui nostri schermi solo ora, ma la sua idea risale a 25 anni fa, per conoscere tutti i retroscena consiglio il documentario “Lost in La Mancha” uscito nel 2002.
Ispirato alla figura del cavaliere errante di Cervantes la pellicola parla di Toby (Adam Driver) regista pubblicitario egocentrico, insensibile e arrogante giunto in Spagna per completare uno spot commerciale, il suo più grande successo è stato un adattamento della storia di Don Chisciotte, in un caratteristico villaggio spagnolo chiamato emblematicamente Los Sueños(I Sogni), quando era ancora uno studente di cinema.
Una sera un misterioso gitano gli dà la copia del suo vecchio film e Toby preso dalla nostalgia parte per cercare il piccolo paesino dove aveva girato la pellicola, scoprirà che le conseguenze di quella produzione hanno avuto un effetto distruttivo sulle persone del villaggio che aveva preso come cast e che il ciabattino Javier (Jonathan Pryce) che interpretava Don Chisciotte si crede effettivamente “il cavaliere dalla triste figura”.
Dopo una serie di equivoci con la polizia locale Toby viene salvato dal vecchio sognatore e scambiato per il suo scudiero Sancho, verrà trascinato per la campagna della zona alla ricerca di Dulcinea, il grande amore di Don Chisciotte.
Toby dovrà affrontare i demoni del suo passato in questo viaggio dove realtà e fantasia si confondono.
La scelta finale del cast risulta interessante, ad interpretare il personaggio di Toby troviamo un versatilissimo Adam Driver che riesce a gestire questo ruolo in maniera convincente senza mai cadere in un’interpretazione troppo ostentata o da macchietta, un ottimo Jonathan Pryce fa da contraltare nel rappresentare l’idealistico Don Chisciotte, essenziale e sincero nella sua follia in una realtà non troppo diversa dalle sue fantasie.
Da citare inoltre Stellan Skarsgard che interpreta il capo di Toby, un personaggio ambiguo, pericoloso e possessivo e la dolce Angelica, un personaggio multi sfaccettato con un sviluppo inaspettato, interpretato dalla spagnola Joana Ribeiro.
Sicuramente un Gilliam che torna alle origini e per la maggior parte del tempo allo stato puro della sua cifra stilistica, lo si nota da alcune scelte narrative, visive e di costume dove attraverso una storia seppur classicheggiante ci catapulta in questo fantasioso mondo parallelo strizzando l’occhio a due sue produzioni precedenti “Le avventure del barone di Munchausen” e “Parnassus: L’uomo che voleva ingannare il diavolo.”
La prima parte del film convince più della seconda dove la sceneggiatura si perde, dove il regista ha voluto inserire una storia d’amore non del tutto funzionale alla trama e si sentono gli anni di produzione dietro la pellicola.
Un film multistrato con più chiavi di lettura che si conclude con un finale a sorpresa che non mi ha convinto del tutto, ma che rappresenta il concetto che il regista voleva portare sullo schermo.