C’è qualcuno nello spazio profondo che da sei giorni si sta godendo la sua personale rivincita. Declassato a pianeta nano nel 2006, Plutone a quanto pare è da sempre stato un anticonformista, vista la sua orbita particolare rispetto al piano dell’eclittica ed è anche a causa di questa sua originalità che gli è saltata la poltrona. Pardon, il sistema solare.
Ma il vero scopo di questo articolo è un altro.
Parafrasando una celebre frase, diciamo che è il momento di “dare a Plutone quel che è di Plutone”.
Dalle pagine di un giornale nazionale qualcuno nei giorni scorsi ha avuto l’ardire di scrivere che Plutone non ci cambia la vita.
Beh, a me un po’ la cambia, devo dire la verità.
Intanto ho scoperto che anche i pianeti hanno un cuore, anche se sono pianeti nani (e qui mi scatta immediata l’associazione con un brano fantastico del grandissimo De Andrè, Un Giudice). E non è per modo di dire: è sufficiente osservare senza nemmeno troppa fantasia le fotografie giunte dall’altro capo del sistema solare, per notare quella curiosa conformazione sulla sua superficie.
La vita non me l’ha cambiata del tutto, è vero, ho sempre le tasse da pagare e la casa da pulire, ma da tre giorni ho un piccolo motivo in più per sorridere alzando gli occhi al cielo. Da qualche parte lassù c’è un cuore che orbita intorno al sole.
E se sembro troppo smielata, cosa dire allora del web che si è sbizzarrito, arrivando perfino a scomodare Walt Disney, poiché Pluto non è solo un’antica divinità, ma anche un pasticcione ma fedele cane da compagnia? Nessuna di quelle persone che ha perso un po’ di tempo per creare le immagini ha avuto la vita cambiata, ma ha regalato a molti qualche attimo di simpatia, che non fa mai male.
A cosa serve andare nello spazio, passare mesi sulle stazioni orbitanti, inviare sonde fino agli estremi confini del sistema solare?
Tralascio tutte le risposte che sono già state date sulla ricerca scientifica e tecnologica e sulla loro estrema importanza per tutti noi. Altri hanno già risposto in maniera equa ed esaustiva.
Ecco, è quell’ “a cosa serve” che mi fa realmente storcere il naso. Giudicare una cosa in base alla sua utilità o meno. Il secolo scorso si giunse a giudicare gli esseri umani sulla base della medesima domanda: il caso non è ovviamente questo, ma occhio agli scivoloni, poiché esistono ed esisteranno sempre persone che, con scarsissimo spirito critico, considereranno ciò che è buono e ciò che non lo è in base all’utilità.
A cosa serve?
Non c’è risposta.
A cosa serve la musica? A cosa serve sdraiarsi su un prato, la notte, per contemplare il cielo stellato? A cosa serve fare un pupazzo di neve, se poi tanto si scioglie?
A cosa serve aver sfiorato Plutone, a miliardi di chilometri da noi, se ci gira la testa al solo pensiero della distanza tra la Terra e quel pianetino col cuore?
Noi siamo ancora qui, minuscole creature con i piedi ben piantati sulla crosta terrestre.
Plutone non ci ha cambiato la vita. Ma ci ha ricordato, casomai lo avessimo dimenticato, che pur nella nostra piccolezza abbiamo sviluppato la capacità di contemplare ed esplorare l’immenso.
Chiara Liberti.
Questa cosa dell’utilità mi ha sempre fatto impressione.
Quindi bisogna fare le cose perché sono utili? Perché portano profitto? Guadagno?
Non per il gusto? Non per piacere? Non per passione?
Dovremmo vivere una vita in base al profitto? A ciò che è utile?
Vorrei fare un ripassino.
Ascoltate il professor Keating.
“Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. Citando Walt Whitman, «O me o vita, domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. Che v’è di nuovo in tutto questo, o me o vita? Risposta. Che tu sei qui, che la vita esiste, e l’identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.» Quale sarà il tuo verso?”
L’umanità, da sempre, si protende verso le stelle. Ne ha un bisogno disperato. L’infinito e la bellezza sono parte di noi, sono dentro di noi.
Davvero è necessario che una cosa sia utile per farla?
La razza umana ha compiuto atti orribili nei secoli, nessuno vuole negarlo, ma ha reso possibili tante cose. I viaggi nello spazio sono tra queste.
Sappiamo puntare verso le stelle perché sognamo, anche e soprattutto da adulti.
Sempre citando Keating:
“Ma solo nei sogni l’uomo è davvero libero. E’ da sempre così e così sarà per sempre.”
Vorrei che ci si concentrasse più sul bello, nel senso reale del termine.
Vorrei che si facesse in modo di cancellare veramente le brutture del mondo.
Invece di criticare quello che ci permette di toccare le stelle.
Siamo la razza più pericolosa e più affascinante del creato.
Sappiamo creare cose orribili e sappiamo puntare verso l’infinito.
Non dileggiamo chi sa farlo, proviamo invece a prendere esempio.
C’è una delle canzoni più belle dei Nomadi che dice:
“Sì puoi volare, puoi volar se vuoi bambino, ma quando sei lassù non guardare giù.”
Il volto di Plutone non mi avrà cambiato la vita, ma mi ha fatto sorridere e mi ha fatto ricordare, come diceva il buon Dante:
“Fatti non foste a vivere come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza.”
Silvia Azzaroli
Davvero inaspettato questo “A che serve ?” arrivato a ciel sereno da un eccellente creativo della mia città.
Vince’, ma come ?!Proprio tu dici ste cose ?! Tu che vivi di teatro, cinema e arte, e porti nel mondo i colori e la cultura della nostra bella Napoli ?! Che diresti se qualcuno ti chiedesse infastidito: “Ma il tuo lavoro a che serve ?”
Perché fare arte in fondo a chi è utile ? Con l’arte mica si mangia ?
E la cultura a che serve ? A far capire a tanta gente che le cose vanno male e si devono cambiare con intelligenza ? Non sia mai !! E poi chi li sente i tanti reucci del nostro tempo, nuovi padroni del mondo, che non trovano più stupidi da fare fessi per un tozzo di pane vecchio ed un posto di lavoro precario e mal pagato ?
A che serve la Scuola Pubblica ? Tanto lavoro non se ne trova.
A che serve la Sanità Pubblica ? Tanto prima o poi si muore.
A che serve la dignità di un uomo ? Tanto viene calpestata a prescindere.
A che serve la ricerca, Vince’ ?!
Io credo che serva ad elevarci, e a ricordarci che sappiamo essere migliori di così: perché è vero che siamo gente miserabile capace di creare distruzione e povertà a comando appena il potente di turno ordina; ma è vero anche che i migliori di noi sono poeti, scienziati e medici che lavorano per darci il cinema 3D, la TV HD, il condizionatore, i fornelli a induzione e lo smartphone di ultima generazione di progettazione NASA.
Le missioni su Luna e Marte possono anche aspettare: nessuno ci corre dietro.
Ma il progresso non si deve arrestare, Vince’.
E quando una nuova foto da Plutone attraversa lo spazio interplanetario per arrivare fino a noi io gioisco, perché questo piccolo successo ci definisce per quello che siamo al di la’ delle nostre imperfezioni: siamo creatori di sogni.
Maria Pia Leone