Inauguriamo questa settimana la rubrica “Religioni, squarciamo il velo” parlando del mondo angelico nell’arte.
Da secoli gli angeli vengono rappresentati nell’arte,
ma il modo di farlo è cambiato molto nel corso dei secoli:
secondo Romano Guarini la traiettoria iconografica
è la più adeguata a descrivere questo cambiamento.
Benché le prime vere e proprie figure di angeli risalgono all’epoca paleocristiana,
già prima di cristo c’erano raffigurazioni di persone alate,
in particolare la figura di Nike, la dea alata della vittoria,
da cui si prenderà spunto per la figura dell’angelo.
Ma di angeli si iniziò a parlare nell’antico testamento:
ricordiamo che c’erano due angeli come guardiani
dell’eden dopo la cacciata di adamo ed eva.
E Giacobbe lottò con un angelo.
Ma di immagini angeliche di quel periodo pervenute fino a noi non ce ne sono:
si dice che c’erano due angeli nell’arca dell’alleanza,
ma non sappiamo come fossero rappresentati.
Qualcosa che ci ricorda gli angeli ci arriva però dagli Assiro-Babilonesi,
dalla Persia e dall’Egitto :
la Sfinge Alata, di avorio da Tell-Alaf; la figura tutelare di toro alato a Khorsabad;
il leone alato con testa umana da Karkemis; e tanti altri.
Benché ovviamente non si parli di angeli,
in queste raffigurazioni possiamo vedere un archetipo della figura angelica:
non è improbabile che da essi si sia preso spunto per rappresentare gli angeli.
Per esempio il BES PANTEO in pietra serpentina,
custodita ad Hannover nel Kestner Museum,
ricorda molto la descrizione che il profeta Ezechiele faceva dei cherubini,
infatti molti caratteri coincidono con
(la cattiva) interpretazione del testo del profeta:
le 4 teste, le ruote, le zampe ferine e gli occhi.
Ma è soprattutto dalle figure greche come Nike, Eros e Ermes
che l’arte cristiana prenderà spunto per raffigurare gli angeli:
questo però solo a partire dal rinascimento.
Infatti all’inizio del cristianesimo si cercava il più possibile
di rendere la figura angelica diversa dalle immagini pagane:
gli angeli erano semplicemente uomini.
Esempio significativo è la più antica Annunciazione,
della catacomba di Priscilla( II-III secolo):
l’angelo è senza ali e questo non solo per distaccarsi dal repertorio iconografico classico,ma anche per aderire il più possibile al testo biblico,dove si parla di apparizioni di angeli,in tutto simili a uomini cristiani, tanto che il loro abito è il pallio portato sulla tunica,il tipico abbigliamento dei primi cristiani, più avanti saranno vestiti da dignitari di corte oppure con abiti litirgici, con stole e la darmatica.
Questo modo di raffigurare gli angeli perdurò dalla fine dell’età classica,
per tutto il medioevo: nel DITTICO DELLA PASSIONE E DELLA RESURREZIONE,
del IX secolo,custodito a Milano nel museo del Duomo,
l’angelo è solo un giovane seduto sul coperchio della tomba
ed indossa un abito con pallio, sul capo ha un’aureola .
Nel MOSAICO dell’ANNUNCIAZIONE del V secolo, a Santa Maria Maggiore di Roma,
anche qui indossano il pallio e sono semplici uomini, solo l’aureola li distingue.
Un’altra caratteristica che salta subito agli occhi di queste prime raffigurazioni
è il fatto che la figura angelica è sempre e solo maschile:
nei passi biblici, dopo tutto, gli angeli appaiono come uomini.
E la mentalità del tempo trovava più credibile
che un messo divino fosse un maschio piuttosto che femmina.
Vi sono persino casi di angeli dipinti con la barba nelle catacombe:
una caratteristica che tornerà in dipinti quattrocentesti di angeli dell’Apocalisse,
cioè in pieno rinascimento quando spesso le figure angeliche
hanno tratti ed acconciature femminili.
Un’altra rappresentazione è quella dell’angelo stella:
a sostenere questa teoria fu Rodolfo il Glabro che parlando di una cometa del 1014,
restava dubbioso sulla sua reale natura:
“si trattava di una stella a cui era semplicemente accresciuta la luminosità
oppure una nuova stella mandata da Dio, nuova come quella mandata ai Magi“
e si sa Dio manda gli angeli.
Anche Giovanni Crisostomo, teologo e dottore della Chiesa,
vescovo di Costantinopoli nel lontanissimo 397,
sosteneva questa teoria e parlando della visita dei Magi:
” prima di vedere il fanciullo paure, tribolazioni e pericoli incombevano ovunque,
dopo l’adorazione, invero, tranquillità e sicurezza,non più una stella, ma un angelo“
Si dice che a fare da modello per le raffigurazioni artistiche in cui era l ‘Angelo con una stella in mano ad introdurre i Re Magi fu l’INNO ALLA NATIVITÀ di San Romano:
tra l’altro sono di quel periodo i primi esempi iconografici dell’angelo stella.
Ed all’ inno di San Romano sicuramente si ispirò l’orafo
che sbalzò su una lastra d’argento dorato i tre Re Magi in adorazione,
sulla testa dei quali fluttua un Angelo con una stella in mano,
in un’ opera databile VI secolo proveniente dagli scavi di Panopoli,
l’odierna Akhmin, presso una tomba bizantina di Siderno
ed ora conservata nel Museo Nazionale di Reggio Calabria.
E l’angelo-stella è rappresentato assai spesso:
nell’altare del Duca Ratchis, al Cividiale del Friuli, San Martino;
nell’adorazione del magi affrescata nella chiesa rupestre di Toqali Klisse,
in Cappadocia;e tantissime altre opere.
Tra le opere che raffigurano l’angelo-stella però è importante ricordare
il mosaico della Natività nel monastero del Daphni(non lontano da Atene),
databile intorno alla seconda metà del XI secolo perché in esso ci si trova di fronte
a due tradizioni iconografiche: quella dell’angelo-stella appunto
e quella che lo mostra in piedi vicino alla Vergine.
Tra le iconografie più importanti è bene ricordare gli angeli in veste militare,
la cui figura rappresentativa è San Michele Arcangelo,
capo delle milizie celesti, colui che sconfisse lucifero e i suoi angeli ribelli.
Di immagini dell’Arcangelo Michele ce ne sono innumerevoli e
anche solo citarle tutte sarebbe impossibile,
perciò ne cito due che mi hanno particolarmente colpito:
il San Michele nel mosaico al lato dell’abside di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna,
dove l’impiego della clamide ribadisce l’appartenenza dell’Arcangelo al ceto militare
e il maestoso San Michele di Piero della Francesca,
vestito come un militare romano.
Finora però l’angelo veniva rappresentato sempre come un uomo adulto,
anche se ora lo si vedeva con le ali e l’aureola per distinguerlo dagli uomini comuni,
l’angelo era sempre un maschio adulto.
E questo modo di rappresentare gli angeli cambiò verso la fine del medio-evo,
quando si iniziò anche a raffigurarli come donne o come bambini.
Ormai diventata religione dominante, il cristianesimo poteva permettersi di prendere spunto dal paganesimo e dal classicismo per le proprie opere:
il rischio di confusione era superato.
Inoltre è bene ricordare che le creature del cielo, esseri spirituali e senza corpo, benché raffigurati con forme umane e dotati di ali,
si dovevano concepire come esseri senza sesso e senza età.
Più vicina quindi all’angelo vero e proprio è sicuramente
sono gli angeli che piangono nel dipinto di Giotto, IL COMPIANTO DI CRISTO MORTO, del 1305-1313, dove le fattezze umane paiono dissolversi nell’aria,
sottolineandone la natura spirituale.
Al contrario gli angeli della NATIVITA’ di Philippe de Champaigne del 1643
sono decisamente più umani, e si rifanno decisamente ai modelli classici,
come l’eros e Nike, difatti sono rappresentati come testoline infantili alate
ed adulti con sembianze decisamente femminili alate:
secondo la tarda tradizione rinascimentale i primi altri non erano che cherubini,
una gerarchia angelica.
Gerarchie angeliche: cosa sono? Fu Dionigi, lo pseudo-aeropagita,
nel DE COELISTI HIERARCHIA nel IV secolo a descrivere un ordinamento gerarchico non solo degli angeli, ma di tutto il creato, accogliendo il pensiero dei padri della Chiesa e in detto scritto gli ordini, in cui si dividono gli angeli
a seconda della loro funzione e della loro vicinanza con Dio, sono nove.
E queste sono le gerarchie (o cori) degli angeli:
i serafini, i cherubini, i troni, dominiziani, potestà,virtù, principati, arcangeli ed angeli.
Anche San Paolo, molto prima di Dionigi, aveva parlato di gerarchie angeliche,
tuttavia per lui erano solo 4: Virtù, Dominazioni, Principati e Potestà.
E soprattutto fu Gregorio Magno a parlarne spiegandone i significati:
Serafini sono coloro che si nutrono dell’amore di Dio;
Cherubini coloro che vivono della fraterna carità
perché cherubino significa PIENEZZA DI SCIENZA
e secondo San Paolo tale pienezza non può essere che la carità;
Troni coloro che contemplano Dio e lo accolgono come in un trono;
Dominazioni coloro che riescono a dominare in se stessi ogni impulso malvagio;
Potestà coloro che mettono in fuga gli spiriti maligni con le preghiere;
Virtù coloro che agiscono ed operano in modo egregio;
Principati coloro che per elette virtù dominano sui fratelli ugualmente eletti;
Arcangeli coloro che aspirano a conoscere e ad annunciare i sommi segreti dei cieli;
e infine gli Angeli coloro che si accontentano di conoscere
ed annunciare piccole cose.
E sono sicuramente un altro aspetto iconografico importante:
tuttavia a partire dal XV secolo gli umanisti metteranno in dubbio queste gerarchie,
e di conseguenza piano piano si perderà una distinzione iconografica,
che aveva perdurato durante per tutto il medio-evo.
Tra gli esempi di icone di cori angelicati c’è sicuramente
la cupola del Battistero di San Marco, a Venezia :
nei mosaici si vede al centro il Cristo su un trono sostenuto da due Cherubini che
però stranamente hanno sei ali, solitamente infatti sono i Serafini ad averne sei,
raffigurati in un clipeo dal cielo stellato,
intorno al quale ci sono nove Angeli con ceri in mano.
Il nono angelo è un Cherubino, anche qui con sei ali, perché ha al centro di esse,
al di sotto della testa e dei piedi, la scritta PLENITUDO SCIENCIE,
ovvero PIENEZZA DELLA SCIENZA, che è appunto il significato di Cherubino.
Di fianco c’è un Angelo seduto, con due soli ali,
che tiene in mano un cartiglio in cui si legge SERAFIN.
Gli angeli e gli Arcangeli invece sono raffigurati come trasportatori di anime,
rappresentate nei fantolini che essi tengono in mano.
I principati sono raffigurati con una spada nella mano destra
mentre nella sinistra tengono il cartiglio dove è scritto appunto Principati.
Le potestà incatenano il demonio, le dominazioni lo minacciano con un’arma,
i troni sono invece rappresentati con una corona in testa e le virtù resuscitano i morti.
Un altro esempio di iconografia si trova nella cupola della Cappella Palatina a Palermo,
dove però non sono presenti tutte le gerarchie, ma solo otto figure angeliche,
suddivise in quattro angeli del Signore( Angheloi Kyriou) e quattro Arcangeli:
Raffaele, Michele, Gabriele e Uriele,
che tengono nella destra un labaro e nella sinistra un globo crucisignato.
Da questi esempi si deduce che non esiste un’iconografia unificata per la raffigurazione degli ordini angelici, anche perché spesso i valori simbolici si sovrappongono, contaminando le iconografie:
in un codice conservato alla British Library,
le virtù, le potestà e i principati sono raffigurati come soldati dell’armata celeste,
dato che i primi portano lo scudo crociato e la mazza di guerra,
i secondi la cotta di maglia e trattengono i demoni,
e gli ultimi la tunica crociata.
Inoltre è bene ricordare che tutti questi elementi iconografici
derivano dall’immagine dell’Arcangelo Michele.
In conclusione cosa si può dire su come l’umanità ha cercato di raffigurare gli Angeli?
C’è stato un cambiamento radicale nel corso dei secoli :
all’inizio non si voleva rappresentarli simili a Nike
o qualche altra figura pagana per timore di confondere il popolo,
ma anche per seguire ciò dicevano le Sacre Scritture.
eppure si può dire che gli artisti del Rinascimento avessero torto a raffigurare
gli Angeli come bambini o donne o come uomini con la barba?
Dopotutto la Bibbia stessa dice che gli angeli sono degli esseri spirituali ,
senza sesso e senza età, quindi sarebbero caduti in errore anche i primi cristiani
che li dipinsero come uomini comuni.
Cosa c’è dunque di male a raffigurarli non seguendo proprio alla lettera le Scritture?
Dopotutto sono tutti tentativi di rappresentare l’Assoluto, l’Invisibile, lo Spirituale:
gli Angeli sono qualcosa che ci avvicina a Dio, ma non sono Dio,
li sentiamo vicini e lontani, sono i nostri intermediari, ma non li possiamo vedere:
nel corso dei secoli è cambiato il modo di raffigurarli,
ma non il pensiero di ciò che si voleva mostrare, l’angelo come essere di luce.