Il 7 Gennaio 2007, sul canale danese DR1, va in onda la prima puntata del serial tv ‘Forbrydelsen’: giallo psicologico a puntate, antologico, ma con protagonisti fissi e con un minutaggio infinito sulle spalle. Sessanta minuti a episodio per tre stagioni dedicate agli amanti del thriller, del complotto e delle varie sfaccettature dell’animo e della psiche umana.
Sorvolando sulla complessità di pronuncia e di scrittura del titolo (‘Il crimine’ in italiano, fortunatamente mai tradotto), la serie si dimostra un successo già dopo le prime puntate. Forbrydelsen viene trasmesso nelle vicine Finlandia, Svezia e Belgio, per poi passare a Francia, Austria e Regno Unito. Sarà proprio in Inghilterra che la serie troverà il maggiore pubblico di affezionati, fino ad essere trasmessa in lingua originale con sottotitoli in inglese sul canale BBC Four (trattamento riservato anche all’italianissimo ‘Gomorra’). Gli inglesi amano le atmosfere cupe e uggiose della perennemente plumbea Copenaghen televisiva, tanto da seguire le tre storie proposte con il medesimo attaccamento della prima ora.
Tutte le stagioni di Forbrydelsen raccontano la storia di un delitto e grazie all’agente Sarah Lund, il telespettatore viene risucchiato in un vortice di eventi enigmatici, misteriosi e terrificanti.
Avvisiamo che da qui in avanti saranno presenti degli SPOILER!
La prima serie è composta da venti episodi e tratta l’omicidio di Nanna Birk Larsen, studentessa del liceo ritrovata cadavere dentro il bagagliaio di un’auto, probabilmente dopo giorni di violenze e torture, su cui indaga l’agente Sarah Hunt. La berlina nera che ha sepolto Nanna in fondo a un lago appartiene al gruppo politico di Troels Hartman, candidato a sindaco di Copenaghen nelle prossime elezioni cittadine. Episodio dopo episodio, vedremo intrecciarsi i vari aspetti della vicenda: dal dolore e la disperazione dei Birk Larsen, alla tormentata campagna elettorale di Hartman e dei suoi collaboratori, passando per il difficile sviluppo di un’indagine che sembra comporsi un pezzo alla volta.
La seconda serie vede di nuovo come protagonista l’agente Sarah Lund e stavolta, le dieci puntate della stagione parleranno dell’omicidio inspiegabile e violento di Anne Dragsholm, seguito da quello altrettanto misterioso del soldato Allan Myg Poulsen. La vicenda toccherà temi attuali e drammatici, come la gestione politica delle missioni militari, la lotta al terrorismo e il dramma vissuto dai superstiti.
Nell’ultima serie, Sarah Lund sarà impegnata in un intricato caso di sequestro: la figlia di un imprenditore viene rapita e l’operazione si svolge nel bel mezzo di una difficile lotta tra i sindacati e l’amministrazione della società dell’uomo, intenzionata a delocalizzare l’attività a causa della recente crisi economica mondiale. Il rapitore sembra non essere mai soddisfatto del denaro offertogli dalla famiglia della bambina e ciò insospettisce Lund che, ormai giovane nonna, decide di indagare sulle possibili motivazioni che hanno armato la mano del sequestratore.
Malgrado gli interminabili sessanta minuti a puntata, che si patiscono soprattutto nella prima serie, Forbrydelsen è una perla tutta europea. Non troverete poesia in questa serie, non ci sono luci perfette, trucco impeccabile e musica struggente che parte in sottofondo per sottolineare il momento di pathos più alto. Il telefilm è puro e duro, colpisce come una mazza episodio dopo episodio e difficilmente sbaglia un colpo. Mai romanzato, mai banale, che tiene la mente attiva più che il fiato sospeso: questo è Forbrydelsen. La regia sottolinea la cruda freddezza della scenografia e la fotografia esalta l’impassibilità con la quale la location, il cielo scuro, le strade zuppe e le giacche scure assistono e si distaccano dagli eventi efferati e disonesti della città. I dialoghi sono spesso brevi e incisivi e gli attori, in special modo gli interpreti della prima serie, delegano alla mimica facciale il difficile compito di esprimere i sentimenti più intensi.
Ottime la colonna sonora e la sigla, molto coinvolgenti e spesso inquietanti.
Inutile dire che la prima stagione è la migliore delle tre.
L’ottima Sofie Gråbøl (‘Il grande capo’ di Lars Von Tier e ‘Fortitude’) trova il supporto di Lars Mikkelsen (‘Sherlock’, ‘House of Cards’, fratello maggiore del più noto Mads di ‘Hannibal’), carismatico e perseguitato candidato sindaco di Copenaghen. Gråbøl procede in un lungo assolo nei due racconti seguenti, interpretando al meglio un personaggio complesso, lunatico, distaccato, intimo e spesso incomprensibile come quello di Lund. Senza trovare mai un vero co-protagonista, ma solo spalle ricorrenti e lontane, Sarah si lega allo spettatore che, senza capirla fino in fondo, non può fare a meno di sviluppare una vicinanza emotiva con lei, le cui difficoltà relazionali sono evidenti e gravissime.
Finale di serie sconvolgente.
La domanda ci sta tutta: se Forbrydelsen è un tesoro nordico, era necessario un remake? La risposta più naturale è: no, non se ne sentiva il bisogno, ma abbiamo gradito lo stesso.
Ammettiamolo, siamo figli dell’occidente e quindi, da bravi amici degli americani abbiamo adorato anche il rifacimento a stelle e strisce.
The Killing viene trasmesso la prima volta in America il 3 aprile del 2011, mentre Forbrydelsen si appresta a chiudere la sua ultima trama. Il remake statunitense, in onda sulla AMC, è più breve e snello dell’originale e ciò mostra la volontà della produzione di andare a lavorare sull’unico (forse) punto debole della serie madre: quattro stagioni, tredici episodi per le prime due, dodici alla terza e sei per la conclusiva. Quarantacinque minuti per tre quarti del prodotto e poco meno di un’ora per le sei puntate finali, prodotte da Netflix dopo la chiusura anticipata alla terza stagione.
Nei primi ventisei episodi (due serie), The Killing mette in scena il remake perfetto della prima storia proposta da Forbrydelsen: l’assassinio di Nanna Birk Larsen.
Nell’uggiosa e tetra Seattle (il richiamo a Copenaghen è palese), Nanna diventa Rosie Larsen, vittima di un omicidio violento e finito nel modo in cui ben sappiamo. Il proprietario dell’auto è il partito politico che fa riferimento al nuovo candidato sindaco, Darren Richmond e sulle sue tracce ci sono Sarah Linden e il suo nuovo collega, Stephen Holder.
L’indagine segue lo schema narrativo già utilizzato da Forbrydelsen, pezzo dopo pezzo, ma la bravura degli americani nel fare spettacolo è accecante, soprattutto se si viene dalla visione dell’originale: ogni intervento giunge al momento giusto, ogni parola è pregna di emozione, tutti i rumori fanno sobbalzare e ogni inquadratura richiama il sospetto dello spettatore. Tutto perfetto, anche gli orridi maglioncini di Sarah Lund – Linden. Insomma, The Killing è come un panino McDonald’s o un angelo di Victoria Secret’s: bello, bellissimo da guardare, ma siamo consci che la realtà è leggermente diversa. Comunque, lo spettatore amante del giallo e ignaro dell’esistenza di Forbrydelsen adorerà alla follia il remake statunitense.
Di richiamo e furbetto è il taglio dei poster promozionali, in tipico stile americano. ‘Chi ha ucciso Rosie Larsen?’ somiglia tremendamente a quell’ossessivo ‘Chi ha ucciso Laura Palmer?’.
Una storia fantastica, interpretata in maniera magistrale dalla perfetta Mireille Enos (‘World War Z’, ‘The Captive’ e varie comparsate in ‘Sex and the City’, ‘Lie to me’, ‘Medium’, ‘Low & Order’), Joel Kinnaman (‘Millennium’, ‘RoboCop’, ‘Suicide Squad’, ‘House of Cards’) e Billy Campbell (‘Dracula di Bram Stoker’, ‘The OC’, ‘4400’ e cugino del più noto Bruce).
Con la risoluzione del caso Larsen, totalmente differente dall’originale, il pubblico americano si disinnamora di Sarah Linden e Stephen Holder e gli ascolti calano puntata dopo puntata. La terza stagione vuole far comprendere che The Killing non è solo Rosie Larsen, ma gli sceneggiatori non capiscono che il loro precedente lavoro ha sfiorato così tante volte la perfezione tecnica (e il cuore dello spettatore) che sarà molto difficile ripetersi. Per fortuna, Netflix giunge in soccorso dei fans più disperati e dopo un anno dallo sconvolgente finale della terza stagione, decide di offrire un finale degno a un telefilm tecnicamente ben realizzato, emotivamente toccante, tempisticamente perfetto.
Ora sta agli spettatori scegliere quale sia il migliore tra Forbrydelsen e The Killing, ma siamo certi che –visti entrambi- la scelta sarà così difficile da essere del tutto rimandata.