Di Emidio Tribolati.
Riggan Thompson è un attore che è diventato una superstar grazie ai tre film in cui ha interpretato il personaggio di Birdman, un supereroe. Ora naviga a vista nell’anonimato, in preda a una crisi personale ed artistica che sembra senza fine e vuole tagliare il cordone ombelicale che lo tiene attaccato ancora al personaggio dell’uomo pennuto investendo tutti i suoi soldi nell’allestimento a Broadway di uno spettacolo tratto da Carver.Pensa che grazie a questa piece teatrale riesca a rimettere insieme i pezzi della sua vita e soprattutto ritrovare il successo senza scorciatoie commerciali :imbarca nell’impresa sua figlia con cui ha un pessimo rapporto e che è appena uscita da un centro di disintossicazione, la sua amante, un vecchio amico , un’attrice che ha sempre sognato di calcare quel palcoscenico incantato ed è costretto a scritturare un attore di nome ma di pessimo carattere.
Riuscirà a portare a termine l’impresa?
O Birdman si impadronirà definitivamente di lui?
Secondo me Inarritu e il suo sceneggiatore storico Arnaga hanno sempre avuto una marcia in più col loro cinema fatto di traiettorie esistenziali che fatalmente si vanno ad incrociare.
Dopo la fine del sodalizio artistico merito va al regista messicano di essersi saputo reinventare un nuovo tipo di cinema con la parabola dolorosa di Biutiful e ora con questo Birdman.
Un nuovo tipo di cinema che si tinge di meraviglia quando tra i corridoi e gli anfratti di questo ultimo suo film mi sono affannato per un certo lasso di tempo per trovare le vestigia del cinema di Inarritu che fu senza riuscire a trovarle.
E alla fine ho rinunciato, facendo la cosa migliore, abbandonandomi e lasciandomi cullare dal fiume di parole che scorre ininterrottamente dalla prima all’ultima scena.
O forse dovrei dire dalla prima alla prima scena perché tecnicamente Birdman si presenta come un unico piano sequenza in cui la cinepresa segue da molto vicino Riggan e le sue peripezie senza apparente soluzione di continuità.
Anche se in realtà non è così, sappiamo che c’è il trucco ma non riusciamo a vederlo. O forse si , ma non importa.
Del resto se dopo anni e anni abbiamo appreso che anche il piano sequenza più famoso della storia del cinema, quegli interminabili minuti finali di Professione Reporter di Antonioni, non è un vero piano sequenza ma c’è l’inghippo sotto…
Vedendo Birdman la prima cosa che viene in mente è che a livello di casting Inarritu è stato un gran furbone.
E’ semplice, troppo semplice, forse addirittura banale ( in realtà non c’è nulla di banale in questo film) leggere la storia del vero Michael Keaton nelle pieghe della sceneggiatura e della storia dell’uomo pennuto.
Attore che più di venti anni fa ha conosciuto la fama vera e i soldi grazie a un supereroe e ultimamente un po’ in disarmo, o meglio un po’ in disparte rispetto al cinema di prima fila.
Colpo di genio o ruffianata megagalattica?
Mmm non so, però si nota anche che il resto del cast che sale su quel palco interpreta più o meno se stesso, in special modo uno come Edward Norton, anche lui un passato come supereroe e un presente piuttosto nebuloso a livello attoriale visto il suo talento immenso utilizzato non propriamente al meglio, che recita semplicemente se stesso e tutto il suo armamentario di bizze che lo contraddistinguono.
Naomi Watts nella parte della gatta morta ci sta benissimo e anche Emma Stone nei panni della ex tossica.
Ma Birdman non è solo cast: è uno di quei film in cui Hollywood parla di se stessa e si diverte a idolatrare Broadway, palestra di vita e di recitazione di molte delle star che arrivano a incassare milioni e milioni grazie ai blockbuster.
Insomma quel metacinema che piace ai critici esplorato a più livelli e anche una visione abbastanza denigratoria sul cinema che oggi incassa, quello dei supereroi, vera e propria monnezza multimiliardaria.
Accanto a tutto questo la riflessione sull’artista e sul ruolo che recita, sul legame che si stabilisce tra l’attore e il successo visto come una droga a cui non si può rinunciare, che crea una dipendenza fisica oltre che intellettiva.
Il successo come il denaro sta in brutti posti: puoi recitare Carver come nessuno ha mai fatto prima e non ti si cagherà nessuno, passeggi in mutande per Broadway e grazie alla YouTube generation e ai suoi milioni di visualizzazioni diventerai una celebrità.
Il cruccio principale di Riggan , quello a cui non vuole cedere e che vuole smentire in qualche maniera, a cui non si vuole rassegnare : eppure quella voce che ha dentro , quell’alter ego in penne e piume che lo perseguita lo rode e lo consuma come un tarlo.
E magari gli fa scoprire che anche lui ha dei superpoteri….
La parte finale del film è tutta un fiorire di simbologie come quella maschera che lo avvicina idealmente al supereroe che ha impersonato venti anni prima, oppure quel suicidio messo in scena, o anche quel volo…
Forse troppo da mettere tutto insieme ma mi sento dire che Inarritu ha colpito nel segno ancora una volta.
Diavolo di un messicano!
Birdman si presenta come il gran favorito alla notte degli Oscar: e forse , visto che a Hollywood piace molto l’autoincensarsi e parlare di se stessa, può riportare a casa una bella carrettata di premi.