Over There intervista Andrea Giostra, Scrittore, Criminologo e Psicologo.
Ciao Andrea, prima di tutto grazie a nome di tutto lo staff di Over There di aver accettato di farti intervistare dal nostro piccolo blog.
DOMANDE DI SILVIA AZZAROLI
Ho letto che sei, tra le altre cose, criminologo e psicologo. Perché hai scelto queste due professioni? E ti influenzano quando scrivi?
Sono sempre stato incuriosito dal funzionamento della mente umana, sin da bambino.
Cercavo già allora di capire perché la gente si comportasse in un modo piuttosto che in un altro, da cosa fosse influenzata per dire o fare certe cose che vedevo.
Allora mi era tutto nebuloso e poco chiaro.
Non capivo le cause, le motivazioni, gli scatti d’ira o il voler aggredire una persona, anche solo verbalmente, oppure le manifestazioni d’affetto che poi, improvvisamente, si trasformavano in distacco, in disprezzo, in irriverenza.
Insomma, gli affetti, gli stati d’animo, le emozioni, i comportamenti delle persone per me sono sempre stati un grande mistero. Incomprensibile.
Poi accadde che aprirono a Palermo il Corso di Laurea in Psicologia, feci il concorso, perché allora era a numero chiuso, solo 150 iscritti per anno, lo vinsi.
Cominciai a studiare Psicologia e poi a leggere e studiare Sigmund Freud e i suoi modelli teorici psicodinamici incredibili, che mi aprirono un mondo nuovo, una prospettiva e dei punti di vista inimmaginabili per me sino ad allora.
Ero stato un appassionato e un grande lettore di Luigi Pirandello prima e di Fyodor Michailovic Dostoevskij dopo, di loro ho letto praticamente tutto e più volte.
Con Sigmund Freud quello che avevo letto in Pirandello e Dostoevskij assunsero una dimensione chiara, potente e sorprendente.
Sono tre grandi intellettuali veri che hanno in comune soltanto l’oggetto dei loro scritti, il profondo dell’animo umano, l’inconscio se vogliamo dirla in psicoanalisi, con tutto quello che si genera nella vita relazionale, affettiva, emozionale, sociale e quotidiana.
Tuttavia mentre i primi due descrivono nei loro romanzi e nei loro racconti tutto questo, Freud ha cercato di comprenderne la struttura e le dinamiche per poi intervenire clinicamente, per modificare lo stato psichico delle persone in cura perché stiano meglio, perché guariscano dai loro traumi, perché risolvano i loro conflitti interiori.
Oggi, quello che posso dire con certezza, rispetto alla seconda parte della tua domanda, è che non credo che queste letture e questi miei studi abbiamo a che fare con il mio modo di scrivere che è del tutto atipico, irriverente verso la lingua italiana, non omogeneizzato rispetto agli standard che vengono imposti con forza e prepotenza dagli Editor e dalle Case Editrici più importanti.
Quindi no.
D’altro canto la risposta è sì se invece si parla dell’“oggetto” di quello di cui parlo: le persone, le relazioni, i conflitti interiori, le delusioni, i tradimenti, la vita dell’uomo e della donna su questa parte del mondo, la Sicilia”.
Se potessi parlare con uno dei tuoi personaggi cosa gli chiederesti?
Non ci vorrei parlare a dire il vero.
Quando scrivo i personaggi dei miei racconti, delle mie storie e del primo romanzo che ho terminato di scrivere nel mese di dicembre del 2022 dove ci sono oltre cento persone di cui narro, sono loro che parlano a me, che affollano la mia testa raccontandomi a raffica cose che non sempre riesco ad annotare immediatamente, e poi ritornano con insistenza, con prepotenza, come se mi perseguitassero.
Per me scrivere è avere a che fare con questi personaggi che spuntano all’improvviso e cercano di farmi prigioniero pretendendo la mia esclusiva attenzione.
Non è una cosa che mi piace, a dire il vero, è molto invadente e mi disturba molto quando accade.
Per questo per me è molto faticoso scrivere racconti o romanzi, e lo faccio a sprazzi, mai con continuità, scrivo per tre quattro giorni di fila e poi sto un mese, due, anche di più, senza scrivere una parola, per poi riprendere di nuovo nello stesso modo.
Due tre giorni scrivo, e poi mi fermo.
Questo per dire che certamente non vorrei rincontrarli dal vivo o passare una serata con loro.
Già quando ne scrivo popolano la mia mente, e va bene così.
Poi perché tutti loro sono personaggi esistiti o esistenti, ma non sanno che scrivo o ho scritto di loro nei miei racconti e nei miei romanzi.
Sicuramente per me sarebbe molto deludente e noioso fare una chiacchierata con i personaggi delle mie storie perché, immagino, rivivrei le stesse dinamiche dei Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello.
E non sarebbe divertente per me!
DOMANDE DI SIMONA INGRASSIA
Ho letto che hai tenuto lezioni a giovani studenti.
Qual è la domanda più ricorrente che ti hanno fatto, se ce n’è una?
E, soprattutto, preferisci di più fare lezioni in presenza o online e perché?
Quando amici docenti, professori, mi chiamano per tenere delle conferenze, in genere, lo fanno chiedendomi di trattare temi specifici: psicologia, criminologia, letture, qualche volta anche sulle mie Novelle brevi di Sicilia, a Montelepre per esempio, nella scuola elementare dove ho passato una mattina con oltre 50 bambini tutti curiosissimi di queste piccole storie delle quali ne avevano lette alcune.
Per cui le domande che mi fanno i ragazzi, sono sempre domande che, dopo che ho fatto la mia introduzione che è sempre molto breve e concisa per dare spazio al confronto, sono inerenti i temi dei quali parlo.
Se invece devo pensare ad una domanda ricorrente, è quella sul perché ho scritto dei libri o i miei racconti siciliani.
Lì la risposta è sempre la stessa: non lo so perché scrivo o ho iniziato a scrivere.
Allora dico loro che certamente il mio interesse al racconto, a raccontare cunti, come si dice in Sicilia, nasce da mia nonna paterna Vita… e poi continuò dicendo loro che… ricordo che da bambino, quando andavo alle elementari, la mia famiglia abitava nella stessa palazzina dei miei nonni paterni, nel centro storico del mio paese, Montelepre.
Mia nonna abitava i primi due piani, noi il terzo e il quarto. In quel periodo di bambino ricordo che aspettavo che mi venisse l’influenza o la febbre perché sapevo che mia nonna, appena saputo che stavo a letto ammalato, avrebbe salito le scale, sarebbe venuta a farmi compagnia, si sarebbe seduta accanto a me vicino al letto e avrebbe iniziato a raccontarmi i suoi cunti inventati al momento di sana pianta.
Le sue storie erano incredibili, semplicemente fantastiche; ne rimanevo incantato e quando terminava di raccontare io continuavo nella mia testa la sua narrazione che diventava la mia.
Quella era magia pura!
Lì è nata la mia passione per le storie ascoltate, poi per quelle lette e infine per quelle scritte da me.
E quando racconto ai ragazzi questa storia, il silenzio si fa religioso, ascoltano attentamente e tutti ne rimangono affascinati. Ai bambini di oggi una cosa così non accade più.
E forse è questo il motivo per il quale ne rimangono incantati.
Da criminologo che parere hai sulle serie crime?
Riesci in qualche modo a vederle oppure eviti per non scoppiare a ridere perché alcune non sono ‘realistiche’?
Sono curiosa.
A dire la verità non le seguo tanto.
Ne ho viste un paio, ma si rivelano sempre deludenti alla fine.
Nelle serie TV c’è una esigenza cinematografica che porta lo sceneggiatore e il regista a far fare delle cose che nella realtà non accadrebbero mai, se condotte da bravi investigatori o criminologi.
E poi la figura del criminologo nelle serie statunitensi è fortemente idealizzata, come se avesse dei poteri magici o delle capacità di delineare profili di personalità con pochissimi indizi.
La cosiddetta criminal profiling è una tecnica investigativa nata intorno agli anni ‘60 negli Stati Uniti.
Il criminal profiler, il criminologo che vediamo nelle serie TV americane, è la figura che fa questo lavoro, ma gli servono molti ma molti più indizi di quelli che ci raccontano i film statunitensi.
Per cui, tutto quello che vediamo in queste serie, per lo più, non corrisponde alla realtà.
È fiction cinematografica pura e semplice che funziona benissimo per chi vede queste serie ma non ha delle competenze professionali specifiche.
Da dove parte l’idea delle installazioni virtuali e della ricostruzione virtuale di Noto Antica? È un’idea affascinante far rivivere un mondo che pochi conoscono.
Sono delle tecniche nate circa venti venticinque anni fa. In Italia sono arrivate una decina di anni fa e noi, con il nostro progetto, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, siamo stati i primi in Italia a realizzare un lavoro così grande e complesso.
L’idea è nata da un mio amico, Professore ordinario di Storia dell’Architettura della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, Marco Rosario Nobile.
Abbiamo messo insieme un raggruppamento di imprese private e Università, quella di Palermo e quella di Catania. Abbiamo creato una squadra di oltre 50 professionisti delle varie discipline, davvero fortissima, che ha fatto un lavoro straordinario e geniale.
Il Ministero ha valutato il nostro progetto come il migliore tra gli oltre mille progetti presentati su questo Avviso nazionale. Ci siamo, infatti, classificati al primo posto nella graduatoria nazionale.
Poi il lavoro è stato realizzato brillantemente, in due anni, con i pubblici complimenti dell’ispettore del Ministero che è venuto a verificare a Noto il nostro lavoro.
Un lavoro che nelle varie fasi di realizzazione, dalla progettazione alla messa in opera, si può vedere da questo documentario che abbiamo realizzato sempre all’interno del progetto: “Netum, ovvero Noto Antica (SR), Italy, Sicily”:
ma purtroppo, come avviene sempre in questo Paese, non ha avuto seguito perché la sensibilità politica e burocratica, almeno allora, nel 2017 quando abbiamo terminato i lavori, non ha consentito un futuro a questa bellissima iniziativa e a queste progettualità per certi versi futuristiche (almeno allora) che invece negli altri paesi europei, nei paesi anglosassoni e americani, vanno fortissimo e stanno avendo un successo incredibile.
In Italia, da quattro cinque anni a questa parte, si sta facendo qualcosa.
Non siamo, purtroppo, ai livelli di altri paesi europei, pur avendo grandissime professionalità e dei giovani che sono davvero dei geni del settore che potrebbero fare delle cose uniche al mondo.
Intervista a cura di Silvia Azzaroli e Simona Ingrassia.
Andrea Giostra:
Un progetto interessante dal punto di vista culturale e umano che racchiude, e valorizza, contenuti unici per saggiare la consistenza delle nostre radici. Certi libri restano nel cuore per sempre!