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Il video appartiene al quotidiano “La repubblica.”
Sei lì nel teatro, si spengono le luci.
Lino Guanciale appare, ti dice che il suo viaggio partirà da Itaca e che, come è giusto e naturale che sia, ad Itaca dovrà tornare.
Il viaggio è un mezzo di crescita, un modo per cambiare, per migliorare, pur restando sempre fedeli a se stessi.
Per trascinarti con lui usa la sua storia, la sua vita, le sue prime volte e ti invita a provare a sentirle tue, ad immedesimarti e a riconoscerti nelle esperienze personali che lo hanno formato.
Ti dice che è uno spogliarello psicologico e che si metterà a nudo per te, per coinvolgerti in un’esperienza formativa.
E la magia riesce, anche stavolta, come tutte le volte che mi ritrovo davanti ad un palco ad ammirare questo mago potentissimo ed incantatore.
Le sue mani si muovono come se avessero vita propria e raccontano mille storie diverse, trasmettendoti la stessa intensità delle sue parole.
Ogni volta mi stupisco sempre per il miracolo che riesce a compiere sulla mia psiche.
Lui dice che si spoglia ma quella nuda sei tu, tu che lo guardi rapita e ripercorri la tua di vita insieme alla sua.
Recita il canto di Ulisse, dalla Divina Commedia, e ti sembra di vederla quella fiamma che brucia per il bisogno di virtute e canoscenza.
La livella di Totò, interpretata magistralmente, ti fa sorridere e perdere nei ricordi dolcissimi d’infanzia legati al Principe De Curtis.
Poi racconta di Ennio Flaiano, facendoti sbellicare dalle risate, e pensi che il filo conduttore tra Itaca e Non svegliate lo spettatore non è casuale ma una concreta e tangibile costruzione di vita, fatta tassello dopo tassello.
La musica di Cavuti è una carezza, un ballo sensuale e dolcissimo.
Ho avuto la necessità di chiudere gli occhi e di perdermi completamente.
Stavo ballando, con il capo idealmente reclinato sulla spalla di questo musicista enorme che mi cullava, come ad accompagnarmi in una passeggiata nella mia vita.
Le risate hanno lasciato spazio alla commozione, con l’ideale incontro tra Flaiano, padre di una bimba malata, e un ipotetico Messia tornato sulla terra dei nostri giorni.
La lettura della poesia “Il pianto della scavatrice” di Pasolini ti riporta alla ricerca delle radici, dell’umiltà che dobbiamo riuscire a provare, al legame con la nostra storia, da cui troppo spesso ci allontaniamo, dimenticando chi siamo e da dove veniamo.
Nel racconto spiritosissimo delle avventure con il professore di arte mi sono riconosciuta come l’immagine di una carta copiativa.
Mi ha ricordato quando, nonostante tutto l’impegno possibile, sembrava sempre che i miei disegni fossero vittima di misteriose macchie sporche che apparivano dal nulla ad inficiare il lavoro di ore ed ore.
La lettura delle poesie più famose, dandogli un’anima, una dimensione immortale, mi ha deliziata.
“A Zacinto” di Foscolo e “L’infinito” di Leopardi non mi sono mai sembrate tanto belle e profonde.
È stato incredibile ripeterle con il movimento delle labbra senza emettere un suono, ma seguendo il suo incedere come a creare un legame ideale di sentimenti, una corrispondenza di amorosi sensi.
Il canto di Itaca di Lucio Dalla, sul finire, lo aspettavo, lì bisognava ritornare, ma è comunque riuscito a colpirmi come una freccia al cuore, un dardo caldo e profondo di dolcezza e di consapevolezza di quanto la cultura sia importante e determinante nella nostra vita, di quanto ci sia necessaria.
Quando poi pensi che sia tutto finito, che di più non si possa pretendere, lui non ti abbandona nel tuo momento di malinconia, ma ti regala un bagno di leggerezza con “Ho visto un re” di Jannacci, travolgendo il pubblico con un’aura giocosa e spensierata.
Ho provato ogni gamma di emozioni possibile e sono uscita, ancora una volta, più felice, più curiosa, più viva.
Sono tornata a Brescia, la mia Itaca, con il desiderio di leggere le poesie di Pasolini, di prendere un altro libro di Flaiano e perché no … di mangiare della porchetta.
La vita è meravigliosa ed ogni giorno è una tappa del viaggio.
Sono sempre in debito Lino. ❤️