Cecilia Gallerani – La dama con l’ermellino
Inauguriamo oggi una nuova rubrica: “Dietro le quinte della storia”, scelto dalla nostra Chiara Liberti e lo facciamo parlando di Cecilia Gallerani.
Cecilia Gallerani è passata alla storia come La Dama con l’ermellino.
Ma chi c’è dietro questo volto bellissimo, dallo sguardo acuto e intelligente?
Chi era quella donna?
Vorremmo parlare di lei, della giovane contessina che arrivò ad ammaliare persino il grande maestro Leonardo da Vinci, che di solito preferiva gli uomini.
Quando venne fatto quel ritratto aveva solo sedici anni ed era già una delle donne più influenti e capaci della sua era, non solo in quanto amante di Ludovico il Moro, la cui protezione le sì fu utile, anche per incontrare Leonardo, ma che infine non cambiò totalmente la sua vita.
Cecilia era figlia di Fazio Gallerani e Margherita de’ Busti, entrambi nobili.
I Gallerani erano di origini senesi ma si trasferirono a Milano, dove Cecilia nacque, quando il di lei nonno, Sigerio Gallerani, giurista di partito ghibellino a Siena, si vide costretto a rifugiarsi nella capitale viscontea a causa della prevalsa guelfa.
Margherita, la madre, alla quale si deve gran parte dell’istruzione di Cecilia, arrivò ad incoraggiarla molto nella sua passione per le lettere e la poesia, soprattutto quando venne a mancare il marito, all’età di 67 anni.
Lo stesso Fazio era un uomo dalle vedute aperte e fece il possibile per rendere libera e indipendente la figlia, tanto che, sapendo che rischiava di finire in convento, stipulò un contratto matrimoniale con Stefano Visconti, contratto poi finito in nulla a causa dell’impossibilità delle famiglie di far fronte alle doti pattuite.
Il dubbio che forse tale contratto non fu mai considerato “vero” per le due famiglie resta, anche se poteva, in effetti, accadere, che un matrimonio andasse a monte per mancanza di dote.
Cecilia divenne essa stessa poetessa e, più avanti, quando si ritrovò alla corte di Ludovico Sforza, creò il suo circolo letterario, composto da grandi letterati, poeti e artisti della sua epoca.
Circolo che poi portò a San Giovanni in Croce (Cremona) quando sposò Ludovico Carminati, detto “Il Bergamino”, da cui ebbe quattro figli ma non le impedì di continuare ad occuparsi delle sue attività letterarie e artistiche, nonostante non abbia mai pubblicato né le sue poesie, né i suoi saggi. Come era costume per le nobildonne dell’epoca, lei destinava il suo amore per l’arte in genere solo per il suo piacere e la sua soddisfazione personale.
Prima di sposare Carminati, divenne appunto l’amante del Moro, che ebbe per lei una passione totalizzante, non era solo l’indubbia bellezza della giovine ad attirarlo, ma anche la sua spiccata intelligenza. Di questa passione folgorante ne parlò anche con l’amico Lorenzo de’ Medici, il quale la incoraggiò, perché lui stesso stimava Cecilia (e non deve essere cosa da poco essere stimata dal Magnifico), solo che il Moro non poté mai sposarla, a causa del contratto matrimoniale, firmato dai suoi genitori, con Beatrice d’Este.
Una volta celebrate le nozze, ovviamente la neo-signora di Milano fu molto gelosa della ragazza, ma per un po’ andò avanti una forzata convivenza a tre, fino a che Cecilia non rimase incinta di Cesare: Ludovico, a quel punto, la allontanò, donandole diversi immobili e beni e riconoscendo come legittimo il figlio.
Fu alla corte di Sforza che la giovane Gallerani incontrò Leonardo, con cui nacque una grande sintonia poi diventata amicizia e forse anche qualcos altro.
Non sappiamo per certo se i due divennero amanti, come spesso avveniva tra l’artista e la propria musa, quello che sappiamo è che il loro legame sopravvisse anche al Moro, visto che quando i due furono costretti a scappare da Milano per la cacciata degli Sforza, fuggirono insieme a Mantova.
La stessa Cecilia ricorda con grande gioia quando il maestro vinciano la dipinse, facendo notare come quel quadro non le somigliasse:
«non però per difecto del maestro, che in vero credo non se truova a lui un paro: ma […] per esser fatto esso ritratto in una età sì imperfecta, che io ho poi cambiata tutta quella effigie, talmente che vedere epso et me tutto insieme, non è alchuno che lo giudica esser fatto per me.»
Non si può non notare, in queste poche righe, la grande ammirazione della ragazza per l’uomo che la immortalò.
A lei venne anche dedicato un sonetto di Bernanrdo Bellincioni:
“Sopra il ritratto di Madonna Cecilia, qual fece Leonardo”.
Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura
Al Vinci che ha ritratto una tua stella:
Cecilia! sì bellissima oggi è quella
Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura.
L’onore è tuo, sebben con sua pittura
La fa che par che ascolti e non favella:
Pensa quanto sarà più viva e bella,
Più a te fia gloria in ogni età futura.
Ringraziar dunque Ludovico or puoi
E l’ingegno e la man di Leonardo,
Che a’ posteri di te voglia far parte.
Chi lei vedrà così, benché sia tardo, –
Vederla viva, dirà: Basti a noi
Comprender or quel eh’ è natura et arte.
Antesignana della contessa Maffei, con il suo circolo letterario, Cecilia dimostrò di non essere solo bella, ma di avere coraggio, testa e forza d’animo.
Nonostante le mille vicissitudini, compreso il fatto di essere rimasta sola con un figlio da crescere, in un’epoca non proprio facile per le ragazze madri.
Certo Ludovico con lei si comportò molto bene, lasciandole molti soldi, ma si sa cosa si pensasse delle giovani amanti di corte.
D’altro canto pare che la reputazione della giovine non fu mai intaccata dallo scandalo, forse perché si era nel Rinascimento e lei viveva in mezzo a uomini illuminati.
Morì alla considerevole età di 63 anni e il suo ritratto sparì per diversi secoli, alcuni si dimenticarono persino che fosse dedicato a lei e fu recuperato durante la seconda guerra mondiale dai celebri Monuments Men statunitensi, sottraendolo ai nazisti.
Ricordiamocelo sempre questo.
Abbiamo tante cose da recriminare contro gli Stati Uniti, ma alcuni loro uomini hanno saputo recuperare la bellezza dell’arte e non è poco.
Forse è vero che la bellezza salverà il mondo.
Articolo redatto da Simona Ingrassia e Silvia Azzaroli.
Fonti:
Comune di San Giovanni In Croce