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Si può dire tante cose degli Editors tranne che siano una band che si è adagiata sugli allori e ripete una soluzione musicale sempre uguale a sé stessa. Ci avevano lasciato tre anni fa con il loro pregevole In Dreams e la notizia del loro ritorno era stata salutata da noi estimatori con grande gioia.
Il singolo apripista Magazine aveva spiazzato non poco, apparendo come un brano forse dalle tonalità troppo accattivanti, al limite della dance, ma il secondo brano Hallelujah aveva riportato un briciolo di speranza sull’intera opera.
Al primo ascolto Violence degli Editors appare, a dir poco, spiazzante.
Complice la collaborazione con Benjamin John Power, in arte Blanck Mass, sembra che si siano dedicati all’elettronica più spinta. Non sempre il connubio risulta felice: personalmente parlando avrei evitato l’inclusione di un brano come Nothingness o come Darkness at the Door a scapito di una The pulse lasciata colpevolmente all’edizione deluxe.
Come ho detto in apertura dell’articolo ancora una volta gli Editors sembrano essere alla ricerca di un suono proprio e non hanno paura di rimescolare le carte e di addentrarsi in territori che, fino a questo momento, sembravano esser loro estranei.
Al primo ascolto sicuramente uno si chiederà: che cosa vogliono fare? Vogliono tramutarsi nei nuovi Coldplay? No, siamo totalmente fuori strada.
Potrebbe pensarlo un ascoltatore distratto ma quando ci si addentra nel mondo di Tom Smith attraverso i testi, si capisce che quella patina di solarità e di anima “pop” è solo apparenza. In realtà lo spirito oscuro, che aveva permeato le opere precedenti, c’è ancora.
C’è nel giro di basso di Violence, la title track, che non può non ricordare ai più certi suoni dei Joy Division, nonostante sia un pezzo ritmato che si può tranquillamente ballare.
E soprattutto è presente nella splendida “No sound but the wind”, in un nuovo arrangiamento rispetto alla versione apparsa nella colonna sonora di Twilight, dove il frontman si è riappropriato del significato originario, essendo direttamente ispirata dal libro “The road” di Cormac McCarthy. Non poteva essere diversamente: ogni nota, ogni parola del testo lo rivela. Soprattutto l’intensa strofa: “The things you put in your head/They will stay there forever/I’m trying hard to hide your soul, son/From things it’s not meant to see” (Le cose che metti in testa, rimarranno lì per sempre. Sto provando davvero tanto a nascondere la tua anima, figliolo, dalle cose che non dovrebbero mai essere viste). Come dice lo stesso Smith è più una canzone sul senso di protezione di un padre verso il proprio figlio, quel tentativo spasmodico di preservare la sua innocenza dagli strali di un mondo sempre più violento nei fatti e nell’animo.
Ascoltando Counting Spooks, un altro dei brani sicuramente interessanti di questo disco, penso che gli Editors si siano fatti ispirare anche da certi brani di David Bowie e, quando si pensa di aver compreso il brano tutto si dissolve e prende un’altra forma. Il testo sembra essere l’emblema di persone che vedono un mondo sempre più alla deriva e cercano comunque un angolo di mondo a cui aggrapparsi e continuare a vivere. I temi, come dicevo, non sono per niente positivi, contrariamente a quanto uno potrebbe pensare.
A chiudere l’edizione normale di Violence è Belong, un brano dall’incedere elegante con un messaggio importante e significativo: tutti vorranno tirarti nelle proprie fila ma “never belong to anyone else but me” Non sono mai stato di nessun altro che me stesso. E in sottofondo si rincara la dose dicendo “Non sono mai stato dalla loro parte.” Una rivendicazione a essere se stessi e niente più. E’ un altro segnale di come la loro anima oscura è sempre presente, un brano dall’eleganza decadente che mi riporta indietro con la mente a certi brani di Music for the masses o Black Celebration dei Depeche Mode ma in una forma a tratti più acida.
Colpevolmente lasciate alla versione deluxe, dicevo prima è The pulse un brano più simile alla vecchia identità non del tutto mutata del gruppo, un brano bellissimo che sicuramente farà faville dal vivo. Il ritmo e i coretti alla Coldplay non devono di nuovo trarre in inganno, il tema qui è nerissimo, la voce narrante quella di un personaggio pronto a far calare la fine dei giorni sulla Terra, complice anche l’incapacità dell’essere umano di imparare dagli errori fatti nella storia. In When We Were angels si sentono nuovamente echi di Bowie soprattutto nel coro e nel finale.
Tirando le somme cosa possiamo dire di questo Violence?
Se siete il tipo di ascoltatore che giudica un disco dal primo ascolto, sicuramente sarete spiazzati e potreste anche dire che è brutto, che gli Editors hanno fatto un passo falso. Ma se, come me, siete ascoltatori che non si lasciano scoraggiare facilmente, che offrono diverse possibilità alla musica per arrivargli al cuore, allora questo piccolo gioiellino si dischiude e vi parla, rassicurandovi del fatto che l’animo oscuro che tanto amavate è ancora lì. Ha solo mutato pelle e aspetta solo voi lo sentiate.
Editors Violence
Tracklist
1. “Cold”
2. “Hallelujah (So Low)”
3. “Violence”
4. “Darkness at the Door”
5. “Nothingness”
6. “Magazine”
7. “No Sound But the Wind”
8. “Counting Spooks”
9. “Belong”
Edizione Deluxe
10 The pulse
11 When we were angels