Ho scoperto questo romanzo per puro caso, tra i vari suggerimenti di kindle, proprio come è successo per Melody e me ne sono innamorata.
Conoscevo Marcela Serrano solo per fama e da brava asociale non avevo questa gran voglia di avvicinarmici.
Ammetto questo mio grosso limite: se si parla troppo di qualcosa o qualcuno fatico ad interessarmi.
Ringrazio il cielo di aver conosciuto molti autori e molte opere prima che diventassero cult.
Marcela Serrano è stata una bella scoperta, un’incredibile scoperta perché ha uno stile che io apprezzo parecchio. E’ scorrevole, essenziale, ironico e drammatico al tempo stesso, senza essere mai pesante ed è molto coinvolgente.
Questo libro tratta dell’incontro tra un giovane finito al confino, Miguel Flores e donna Amelia, la padrona di una grossa tenuta della zona dove il giovane è tenuto prigioniero, peraltro senza molte cose con cui mantenersi.
La prima parte del libro, oltre 1000 pagine, che volano via in un batter d’occhio, trattano di tutto questo, senza fronzoli, inganni o alterazioni.
La vita dei confinati fa schifo, sono messi in baracca, dove hanno poco o nulla e non possono nemmeno lavorare, ergo se non fosse per la carità della gente dei dintorni, non avrebbero nulla.
A Miguel va relativamente bene visto che Amelia si prende a cuore tutti quei disgraziati.
E’ ricca, disgustosamente ricca, tanto che Miguel sembra credere che la sua sia solo una recita per lavarsi la coscienza, fa di tutto per odiarla ma non ci riesce perché Amelia è veramente generosa, intelligente, colta, nobile nel senso reale del termine. E gli fa scoprire la letteratura inglese, in particolare Elizabeth Gaskell, paragonando la situazione cilena ai poveri vittoriani.
Miguel, tuttavia, non riesce ad uscire totalmente dal suo pregiudizio, nonostante l’innamoramento palese, capisce troppo tardi i suoi errori e causa una serie di problemi che non vi sto a dire per non svelare troppo.
Da qui in avanti il romanzo prende una piega molto più drammatica e triste.
Ed è una bella lezione di vita, molto dura sì, ma giusta, in quanto si dà per scontato che essendo ricchi si possa essere immuni al dolore e alle persecuzioni: in questo Miguel è molto radical chic.
Certe cose non si aggiustano, la dittatura distrugge veramente ogni cosa, rovina i rapporti umani, crea sfiducia ed è impossibile non fare dei paralleli con il franchismo, dato che la matrice è quella. La stessa autrice lo cita a più riprese.
Una cosa che veramente colpisce è come sia riuscita a far ridere di cuore anche in situazioni molto drammatiche, senza però far diventare il tutto una sit-com, anzi certe risate sembrano fare da contraltare alle mazzate che poi ti dà nei momenti malinconici e terribili.
Ho apprezzato non poco il raffronto con la cultura europea, in particolare con la letteratura britannica, ammetto che non avevo mai sentito nominare Elizabeth Gaskell, pur amando molto quel periodo storico e la letteratura vittoriana. Vorrei rimediare al più presto, appena la pila di libri che sto leggendo calerà.
Marcela Serrano racconta fatti troppo spesso dimenticati, molto lontano da noi, in quanto europei, li ha vissuti in parte in prima persona e lo si percepisce molto bene.
La vittime della dittatura di Pinochet sono tantissime, alcune sono finite in fondo al mare, non potremmo mai quantificarle ed è giusto continuare a parlarne per preservarne la memoria.
La signora Serrano è anche molto auto-ironica perché attraverso Miguel esplora un punto di vista per lei non semplice, in quanto non vicino a lei.
Leggendo si ha più volte il sospetto che Amelia sia parte di lei, pur non essendo propriamente lei, perché non credo che lo sia.
Credo che in tutti i personaggi, Mel e Miguel compresi, vi sia molto dell’autrice.
In conclusione un’opera appassionante e coinvolgente che insegna molto, sia dal punto di vista sociale che culturale.
Insomma una lezione di antropologia, per nulla pesante.