Romanzo fantasy autoprodotto dall’autrice Roberta Bianchessi e già presentato in varie occasioni (come all’ultima Cartoomics a Milano), “Il custode dei pozzi maledetti” è, a mio parere, un libro geniale.
Avevamo già incontrato qualche anno fa
A colpire è innanzitutto la capacità di far simpatizzare il lettore, fino a identificarsi, con personaggi che non hanno aspetto umano e forse non sono neanche “attraenti” secondo i canoni nostri… oltre ad essere “imperfetti” e censurabili anche secondo i canoni della propria razza e della propria famiglia: Nihls, Lussy, Astaroth…
E poi l’ambientazione in luoghi così inospitali e spesso sgradevoli, allucinati, eppure assolutamente suggestivi, come il villaggio puzzolente di Lussy o lo stesso Campo dei Pozzi con la tomba di vetro della strega.
Ma soprattutto l’idea di base, una serie di pozzi in pietra e muratura costruiti in un campo, semplici manufatti in apparenza… ma sono essi, e non grandiosi tunnel spaziali o macchine del tempo o astronavi o specchi magici… a dare l’accesso a un “altrove” che resta ancora indefinito, nella sua essenza e nella sua origine, almeno in questo primo romanzo: si ipotizza una trilogia, più alcuni racconti collaterali.
L’unica cosa certa è che i pozzi sono l’unica via d’uscita da quel mondo in cui tutti sono imprigionati: da chi, come e perché lo si scoprirà a poco a poco.
Ma vediamo queste razze che popolano lo strano universo: abbiamo i Felidae Supremi (che si pronuncia non alla latina, che darebbe félide, ma proprio Felidàe con l’accento sulla a), apparentati con le linci, a cui appartiene il Custode dei Pozzi; gli Anfhibi e cioè la famiglia di Lussy, con la loro pelle coloratissima; i Felinii che hanno l’aspetto a tutti gli effetti di gatti domestici… e nel rosso Astaroth ci sembra traspaia la luce di un micio amatissimo dell’autrice, volato troppo presto sul proverbiale Ponte dell’Arcobaleno.
E poi ci sono le Streghe, una diversa dall’altra come aspetto, che richiamano le tre Parche mediterranee o le Norne scandinave… non a caso l’autrice dona loro nomi di origine linguistica differente. E c’è la quarta strega, l’innominata. E un misterioso stregone.
Come hai ideato un simile mondo, Roberta?
“Sono partita dall’immagine della strega, e da quella del felino accanto a lei… se hai notato, i Felinii hanno i nomi dei demoni” lascia cadere allusiva Roberta; “poi ci ho costruito attorno un mondo, una storia”.
Ma i Felidae esattamente come sono? Sembrano umanoidi, eretti, però hanno una corta pelliccia… “Sì, hanno la pelliccia… e sono umanoidi, però sono mutaforma: quando emerge la loro parte animale si trasformano, non ricordano più la loro parte razionale” e, a quanto si capisce, scatenano l’inferno.
E gli Anfhibi come la giovane Lussy? Sono rettili? “Per loro mi sono ispirata al drago di Komodo… però possono camminare da bipedi, e Lussy ha questi vaporosi capelli biondi…”
In quanto ai Felinii, sono esilaranti nelle loro pose, nel carattere e nell’abbigliamento: basti pensare al papillon di Astaroth o alla palandrana di suo nonno, alla loro passione per il latte aromatizzato all’erba gatta…
Ma questo romanzo è anche un libro feroce, duro. Roberta, hai avuto il coraggio di dipingere scene sgradevoli, angoscianti, come uno stupro/incesto, la morte di un personaggio “simpatico” o l’automutilazione atroce che un altro personaggio si infligge…
“Mi è dispiaciuto far morire quel personaggio, era simpatico e aveva una parlantina mica male… ma mi serviva quella scena forte, come mi serviva quella così cruda dell’automutilazione, ai fini della vicenda, del senso della storia”.
Insomma un libro che “prende”, che scuote.
Dal punto di vista stilistico: a livello semantico si fa notare per parole usate in accezioni non consuete e a volte del tutto personali, a livello sintattico (se mi è permesso) si gioverebbe di un intervento di un editor un po’ più drastico (senza nulla togliere ai meriti dell’attuale), che eliminasse metà della punteggiatura velocizzando la lettura. Singolare e spiazzante la scelta di lasciare molte frasi senza soggetto espresso, anche a inizio di capitoletto, creando così dubbio, spaesamento: non sappiamo mai, sulle prime, dove ci troviamo, a che punto della storia e con chi. Anche i viaggi attraverso i pozzi si presentano di seguito, non segnalati ad esempio dal carattere corsivo come si fa a volte con i flash-back.
Giovane impiegata di livello, Roberta scrive fin da giovanissima e ogni volta sceglie un registro diverso, quello che ritiene più adatto all’argomento. A seguito di un corso di scrittura creativa a cui dice di dovere molto, anche per le conoscenze fatte e per il confronto con altri scrittori, ha pubblicato nel gennaio 2016 il thriller noir “Un segreto è come una bugia”, divenuto un piccolo grande caso editoriale grazie al passaparola su facebook (che però ha creato anche assurde difficoltà per il bellissimo disegno della copertina, dove si intravedeva un nudo femminile, per quanto motivato e sensato; autrice Cristina Taverna che firma anche la copertina del “Custode”). Poi con “Acqua e menta ghiacciata”, un volumetto esile ma “di peso” come contenuto, condivide gli stati d’animo di chi si trova ad affrontare una malattia (l’Alzheimer) che priva giorno dopo giorno dell’identità coloro che amiamo.
Appassionata di fantasy, vi si cimenta per la prima volta con “Il custode dei pozzi maledetti” (Youcanprint, prezzo di copertina 12 euro) a cui hanno fatto seguito già due racconti-prequel: “Astaroth” (scaricabile gratuitamente), “Lussy” ora disponibile in ebook, e presto in arrivo “Il guardiano del fondo”.
Per informazioni si può visitare il sito internet:
oppure la pagina facebook
e-mail: robertabianchessi@email.it