Ho finito di leggere qualche giorno fa “Il diario di Etty Hillesum”, scrittrice ebrea deportata e uccisa ad Auschwitz nel 1943, dopo aver passato qualche tempo nel campo di transito di Westerbork, come assistente sociale.
Come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, ebbe anche la possibilità di salvarsi, ma decise, forte delle sue convinzioni umane e religiose, di condividere la sorte del suo popolo.
Ho deciso di leggere questo diario su invito del mio fratellino Marco perché lui ritiene che Etty mi somigli molto sia fisicamente sia per convinzioni religiose e spirituali e sia per studi simili.
Non posso negare una certa affinità di vedute, sono diverse lo ammetto, quindi questa non sarà una recensione, come si potrebbe recensire un diario di una donna morta per l’olocausto?
Etty era una donna autentica e sincera, amava la vita, cercava di vedere il bello anche in situazioni orribili, vedere Westerbork e si sentiva grata anche degli amici che si era fatta lì.
Tuttavia non fatevi l’errata convinzione che non sapesse vedere il Male. Etty si arrabbiava per le ingiustizie, i suoi diari sono molto chiari in tal senso. Trovava orribile ciò che stava accadendo alla sua gente e spesso litigava con Dio per la sorte che era capitata alla sua gente, per le sue continue malattie e per mille cose.
Non era, per fortuna, una donna perfetta. Era volubile, capace di gioire al mattino e arrabbiarsi la sera o viceversa. Adorava andare in bici e si doleva di non poterlo fare più, se non di nascosto. Detestava fare lunghe camminate, imposte agli ebrei dalle legge, per andare a lavorare. Camminate che le distruggevano i piedi e le gambe.
Non aveva remore a dire la sua, anche a costo di imbarazzare le persone o farle arrabbiare. Aveva un cuore buono, pronta ad aiutare tutto e tutti, anche se sofferente. Aveva una vita sessuale attiva e sentiva di non poter amare una persona sola, di non essere fatta per il matrimonio, troppo limitante data la sua particolare visione dell’amore ed era una femminista ante litteram, tanto da arrivare ad abortire di nascosto, per il “bene” di quella creatura, non facendola nascere in quel mondo che lei definiva, non a torto, sbagliato.
Non ha mai odiato i tedeschi, riteneva infatti, che non fosse giusto odiare l’intero popolo tedesco per le colpe dei nazisti. Andavano odiati e combattuti i tedeschi nazisti e difesi quelli perbene.
Se mi ritrovo in lei?
Sì, probabilmente sì. Odio che si generalizzi, non mi è mai piaciuto, anche su cose che amo. Mi urta i nervi che si voglia imporre questa o quell’altra cosa alla gente, sa molto di 1984: loro sono così, quelli sono cosà, ergo bisogna pensarla così.
Ho sempre sentito miei i dolori del mondo, perdonate la follia. Come sì mi è capitato di litigare con Dio quando sono arrabbiata, cosa che capita spesso, per le brutture del mondo. E per la mia malattia. Non sono l’eroina sciocca e idiota che gode delle proprie disgrazie e ritiene giusto averle, come non lo era Etty. Se sono stanca lo dico e come lei temo di infastidire le persone con le mie chiacchiere. Paura e angoscia, voglia di vivere e voglia di seguire i propri ideali. Ingiustizia e giustizia. Il mondo sarà diverso dopo questa pandemia? Etty sognava che lo fosse dopo la guerra, era convinta che le cose sarebbero migliorate per tutti, che non si sarebbe arrivati veramente all’annientamento della sua gente e che sarebbe potuta sopravvivere, sognava il suo futuro con una vividezza da far impressione. Sembrava vero.
Odio la seconda guerra mondiale, non ne faccio mistero, credo che sia il periodo peggiore o uno dei peggiori della nostra storia, durante il quale il Male venne istituzionalizzato, cosa che avvenne solo con le colonie nel terzo mondo e con i nativi americani.
L’uomo sa essere una bestia feroce.
Eppure anche in quel periodo così orribile vennero fuori persone come Etty, capace di amare e vedere il bello delle persone. La sua decisione di seguire la sua famiglia devastò i suoi amici, che si sentirono immensamente soli e nel contempo sapevano che lei sarebbe tornata da loro, in qualche modo. E’ bello sapere che una persona possa dare così tanto agli altri, sia da viva che da morta.
Stiamo vivendo la nostra personale guerra, che non è certo paragonabile agli orrori nazisti, non per noi almeno ma qualcuno viene lasciato morire per strada. In troppi, per la stessa orrenda convinzione che esistano esseri umani inferiori, per la razza, per il denaro, ecc.
In momenti come questi stiamo tirando fuori il meglio e il peggio. Voglio provare ad essere come Etty e a tirar fuori il meglio anche in una situazione così, senza fingere di non aver paura. Ne abbiamo tutti.
Ma forse proprio perché lo stiamo ammettendo e la stiamo guardando negli occhi, riusciremo a vincere questa guerra.
Grazie lontana sorella Etty, grazie caro fratello Marco per avermela fatta leggere. Speriamo che Etty sappia guidarci tutti.