Il doppio tradimento del “ Lago dei cigni ” di Pech

Ma se “il Mago non esiste”, come spiega lo stesso coreografo, come mai le fanciulle sono trasformate in cigni? Questo il dilemma che rimane al termine della versione del “Lago dei Cigni” di Tchaykowsky ideata da Benjamin Pech per il balletto dell’Opera di Roma e andata in onda durante le vacanze natalizie su Rai5 (dove è tuttora disponibile).

Un rifacimento con luci e ombre, anche interpretative (sia nel senso di reinterpretazione della trama, sia sulle prove che i principal dancers hanno dato); messo in scena per la prima volta nel 2018 con artisti ospiti russi e poi ripreso l’anno successivo (con una serata a favore del Teatro La Fenice, tra l’altro) con qualche aggiustamento coreografico, è appunto opera di Pech, già étoile dell’Opéra di Parigi e più volte sulle scene partner di Eleonora Abbagnato di cui ora è Primo maître assistente alla Direzione (del Balletto del Teatro dell’Opera di Roma). La ripresa televisiva vede in palcoscenico Rebecca Bianchi come Odette/Odile, Alessio Rezza nei panni scomodi del principe Siegfried e Mattia Tortora in quelli dell’amico Benno.

Proprio quest’ultimo è il personaggio “pivot” della versione Pech: è lui a donare a Siegfried la balestra e a condurlo a caccia sul lago durante la notte, ed è lui (e a questo punto, anche senza leggere il libretto, allo spettatore qualche dubbio viene) a presentare a Siegfried il Cigno Nero cioè Odile spacciandola per l’innamorata Odette (il Cigno Bianco) durante la sua festa di compleanno. Si scopre poi, quando si toglierà la maschera, che è sempre lui ad aver rapito Odette (brevissima scena del Prologo, davanti a una torre praticamente identica al… Monumento ai Caduti di Como) e a tenerla prigioniera (?).

Spiega il coreografo che già il “Lago dei Cigni” è l’unico balletto in cui si segue la storia dalla parte del protagonista maschile, che Siegfried è un personaggio complesso con tanto da esprimere, ma nella sua idea l’amico fraterno diventa traditore per carpire al principe tutto quello che ha e non apprezza mentre lui, Benno, lo vorrebbe: innanzitutto il potere. Il principe non sa prendersi le responsabilità che gli toccano ora che è maggiorenne, l’amico finge di assecondarlo e come Iago tesse una trama mortale, fino a sfidarlo nella scena finale mettendogli in mano la balestra.

Dunque Benno inganna e tradisce Siegfried, e così Siegfried tradisce Odette con la sensuale Odile (ma chi è qui Odile, originariamente figlia del mago Rothbart? Una sosia qualunque? Oppure Odette soggiogata da Benno fino ad assumere una doppia personalità e trasformarsi in femme fatale?). Ma Siegfried sta tradendo anche il suo popolo sottraendosi ai propri doveri. E il tradimento potrebbe diventare triplo quando Benno cerca di avere Odette per sé, tanto per toglierla a Siegfried. Ma il destino, o il Caso, è in agguato e al principe (ma anche a Benno, che non voleva tale tragedia) toccherà vivere solo coi suoi rimorsi e i suoi rimpianti.

Restano alcuni “buchi” della sceneggiatura, come diremmo per un film: perché la fiaba funziona finché resta una fiaba e nel mondo fiabesco tutto ha una sua logica, ma se viene trasportata nella realtà o dove si richiede una verosimiglianza, molte cose non stanno in piedi (l’esempio lampante è la “Turandot” in chiave maoista messa in scena questa estate al Teatro Sociale di Como, dove non si può capire perché Calaf si innamori di una donna di potere che mette a morte i propri pretendenti e soprattutto ordina di torturare ed eventualmente massacrare la popolazione pur di ottenere le informazioni richieste, ovvero “il nome dello straniero”… ma questa è una storia che racconteremo un’altra volta).

Coreografia: Pech accorpa (come ormai si fa spesso) il Primo col Secondo Atto e il Terzo col Quarto; in questa versione ci si accorge che il primo atto è decisamente troppo lungo con i suoi pur interessanti divertissement; eliminato il giullare e anche qualche brano del terzo atto; abbastanza belli alcuni passi a tre (Siegfried/Odette/Benno); la pantomima (che sostituisce il “parlato” negli scambi tra i personaggi) resa più asciutta e veloce, insomma modernizzata; tagli drastici al Quarto Atto, rimasto troppo breve, col tragico finale… che nella ripresa televisiva si vede sì e no perché la regia “stacca” sul pianista subito dopo che la freccia fatale ha colpito, mentre lo vediamo nella registrazione su Raiplay.

Corpo di Ballo a tratti affiatato e a tratti con disallineamenti e scarso unisono. Interpreti maschili non male anche se non reggono il confronto con mostri sacri come Nureyev o Vassiliev (né lo si può pretendere), la Bianchi un po’ troppo sensuale e quasi volgare nella parte del Cigno Nero, addirittura col rossetto rosso fuoco.

Orchestra, diretta da Koen Kessels: alcuni pezzi erano suonati molto più lenti di come li sento di solito, però so che anche Barenboim ha fatto dannare i ballerini della Scala con questi rallentamenti nel “Lago dei Cigni”; il primo violino a momenti nelle danze folcloriche voleva imitare le sonorità da violino zigano e sembrava stonato.

Mi sono piaciute le scene e parte dei costumi, opera di Aldo Buti; bellissima la scena del Primo Atto tutto blu e acquamarina, dove il pavimento della reggia sembra già acqua, già lago (e questo fa pensare… quello che è fuori è anche dentro il palazzo…), e quelle notturne con la prigione di Odette in mezzo al lago che rimanda direttamente a “L’Isola dei Morti” dipinta da Arnold Böcklin (in cinque versioni…) a fine ‘800. Bellissimi i costumi in stile russo per la regina e i cortigiani, nel Primo e nel Terzo Atto, con escursioni in vari altri stili nazionali a rappresentare le varie pretendenti del principe; molto tradizionali invece i tutù dei cigni, compreso il Cigno Nero, insomma ci si poteva spremere un po’ di più le meningi; non ho capito la trasformazione di Benno da viandante con mantello e maschera a falso mago in costume da uccellaccio.

prima versione de L'Isola dei Morti
HxB: 110.9 x 156.4 cm; Öl auf Leinwand; Inv. 1055

Ma del resto le versioni del balletto sono (quasi) infinite, come ho scoperto grazie a un corso online sulle rivisitazioni dei grandi classici della danza a cura di Ater Fondazione e Danza&Danza, e magari avremo occasione di riparlarne.

Per rivederlo:

Il Lago dei Cigni diretto da Bech – Rai Play

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