I giorni sono sempre più frenetici e lo stile di vita sempre più sbagliato. Sembra scontato e ormai banale dirlo, ma la nostra vita sta cambiando e non in meglio. Abbiamo orari impossibili, cattive abitudini alimentari, non assorbiamo nulla di ciò che accade e tutto viene stivato in un posto lontano, in fondo all’anima. In qualsiasi momento della giornata, qualcosa di brutto e pesante pare fluttuare sulle nostre teste e con la stessa pressione di un carico di mattoni rossi, quel qualcosa curva il procedere sereno della nostra vita.
Non siete strani e nemmeno pazzi: come dicono molti, forse, siete solo stressati.
Si abusa della parola “stress”, accostandola alle peggiori reazioni delle persone e con essa si giustifica qualsiasi cattiva abitudine.
– “Sto mangiando troppo”.
“È solo un po’ di stress”.
– “Ho dimenticato l’appuntamento”.
“Tranquillo, sei solo stressato”.
– “Oh mio dio! Mio figlio è in macchina da due ore sotto il sole di agosto!”.
“Non sei una cattiva madre a cui andrebbe tolta la licenza di generare prole, sei solo una persona esposta a forte stress”.
Diciamo la verità, la vita di oggi ci sta cambiando e non in meglio.
Dimentichiamo fatti importanti e siamo dipendenti da oggetti di poco valore. Scrolliamo le spalle di fronte a casi di cronaca nera e anzi, li andiamo a cercare in palinsesti sciocchi e vuoti. Poi, invece, se si tratta di difendere un disabile dalle prepotenze di un riccone in Ferrari… beh, non muoviamo un dito.
Eppure c’è qualcuno di diverso. Qualcuno di sensibile a sufficienza da raccogliere le lacrime di una persona che piange, gli sfoghi di una mamma stanca, le confessioni di colui che mangia di soppiatto per nascondere un momento non felice. Persi nel traffico, nelle file, nei litigi e nelle frasi fatte ci sono loro: PA/s e PD.
No, non parliamo di un partito politico o di una fazione di mamme contrarie a qualche proposta di governo.
PA/s, panic attack/s. PD, panic disorder.
Gli attacchi di panico vengono considerati i disturbi psichiatrici tra i più comuni e diffusi nella nostra società: secondo Repubblica*, in Italia ci sono dieci milioni di persone che riferiscono di aver sofferto di tale malessere almeno una volta nella vita.
Il PA/s colpisce maggiormente le donne, in special modo tra l’adolescenza e la prima età adulta. Questo non vuol dire che disdegna gli uomini o che in rarissimi casi, non si manifesti nei bambini. Spesso, il disturbo di panico viene preso sottogamba, tralasciato e abbandonato a sé stesso, ma non c’è modo più sbagliato di affrontare la realtà.
Quel male oscuro sembra uscire fuori da un armadio invisibile della nostra camera e notte dopo notte, compie passi silenziosi in direzione del nostro letto. Una volta vicino, il mostro invisibile del panico ci afferrerà e con le sue mani grandi e forti stringerà il nostro collo fino a farci credere di morire. Questo è ciò che accade a chi ne soffre sporadicamente, ma chi vive gli attacchi in modo cronico è convinto di morire ogni notte.
Molti fanno coincidere le cause del PD con l’eccessiva sensibilità del soggetto che ne soffre. Spesso si parla di persone fragilissime, delicate, incapaci di sopportare i troppi impegni della vita e le difficoltà a cui espone la quotidianità. Invece no, non sono deboli. Loro, noi… siamo le persone più forti che avrete la fortuna di incontrare. Noi siamo invincibili.
Di notte, mentre voi state dormendo, alcuni di noi lottano una battaglia all’apparenza infinita e che ci priva del sonno, della forza, del coraggio, dell’autostima e della serenità.
La notte è il momento in cui il mostro del panico esce allo scoperto, fuori dall’armadio di fantasia nascosto nella nostra stanza. A piccoli passi, silenziosi e vigliacchi, si avvicina al nostro letto, afferra i nostri piedi e gioca con la nostra paura. Quell’ombra scura risale dalle coperte, ci avvolge e toglie l’aria nella stanza, impedendoci di respirare. All’improvviso, ci sentiamo impotenti e docili, deboli come mai accaduto prima. Scoperti, ma esposti a una bufera di neve che sappiamo già esserci letale.
Un tremore inspiegabile scuote gambe e braccia, privando la pelle di sensibilità e impedendo qualsiasi movimento, anche il più piccolo. Intanto, la mente viaggia tra ignoranza e paura e dopo un insieme di pensieri folli, approda all’idea che si tratti di infarto e se ne convince. Il cuore inizia a battere forte, ma non sappiamo se per il terrore di morire o perché stiamo realmente morendo. Qualcosa di pesante cade sul petto, togliendo l’aria e stringendo i muscoli come fanno quegli irritanti clacson a pompetta. Lentamente, l’ambiente inizia a scaldarsi, i vestiti opprimono e le coperte che ci proteggevano sono d’intralcio alla sopravvivenza: il caldo è insopportabile, il sudore inizia a bagnare la cute dei capelli e il solco della schiena.
Non si capisce il perché di tutto questo e l’ignoto, ciò che verrà e che ora è sconosciuto, ci spaventa più che mai. Perché fa così? Cosa sta accadendo? È davvero questo l’ultimo istante della nostra vita?
Un nodo stringe la gola proprio alla fine della lingua, impedisce al sistema di deglutizione di ingerire saliva e pronunciare qualche parola leggera per chiedere aiuto. Forse si sta soffocando o forse, si sta respirando troppo in fretta. Essere lucidi e giudicare non è mai stato così difficile. Gli occhi sembrano non cogliere la realtà, vediamo ombre nere che sbucano dalle pareti e piccole scie scure che sembrano saltare sul letto. I riflessi vengono meno: non si può ascoltare, sentire, vedere, assaporare e toccare senza che i sensi vengano messi in discussione da una mente annebbiata e disorientata. I pochi movimenti possibili suggeriscono il prossimo svenimento, ma perdere i sensi non è così comune. Non accade in qualsiasi altro momento della giornata, quindi…
Stiamo per morire, non c’è dubbio. Stiamo per vomitare, perdere il controllo, urlare e qualcuno ci porterà all’ospedale. Verremo bollati come pazienti psicotici, matti. Forse ci legheranno al letto per evitare di fare del male a qualcuno.
Il mostro è sopra di noi, sospeso in aria, a pochi centimetri dal nostro volto: sta risucchiando la nostra vita e ci sta lasciando tutto ciò che è male.
Ormai, qualsiasi movimento è impossibile. Il corpo non risponde alle mente e i muscoli non reagiscono agli stimoli esterni. Sulla pelle si è sparso un formicolio terrificante, qualcosa che –se sommato alle contrazioni improvvise dei muscoli- rafforza le convinzioni più lontane e impossibili. Lo stomaco si è gonfiato inspiegabilmente: è turgido, dolorante, pieno di nulla ma comunque pieno. Qualcosa di aspro e disgustoso comincia a salire e scendere per lo sterno e quando arriva nella gola, fa credere di poter durare per sempre, otturando le vie respiratorie e soffocando la vittima senza pietà. Le mani, le braccia, le gambe e i piedi non ricevono più alcun ordine dal cervello e all’improvviso, in maniera del tutto inaspettata, si staccano dal corpo: se non fossero ancora lì, visibili sotto le coperte e ben piantati al tronco, chiunque avrebbe giurato sulla loro dipartita.
Poi, il nulla.
Il mostro è scomparso. Non è più sopra di noi e la stanza sembra essere tornata a qualche minuto prima, ma è solo un’illusione. Siamo sospesi sul nostro corpo e dal soffitto vediamo quell’essere spaventato e piccolo che siamo noi in realtà. Ci vediamo rannicchiati e indifesi, immobili e muti, spaventati e convinti di essere in qualche modo già morti. Dal soffitto vediamo quello spettro pallido e assorto che siamo ancora, raggomitolato in posizione fetale e intento a piangere qualcosa che non ha ancora ben capito.
L’ombra sembra aver risucchiato tutto, ma non è così. È stata accurata nella scelta, sicura come una donna in carriera al supermercato, crudele e radicale come la consapevolezza dell’età adulta che sovrasta l’ingenuità dell’infanzia. I nostri ricordi felici sono scomparsi, le brutte sensazioni forzano le nostre lacrime, la pausa motiva i nostri respiri e l’odore di morte, delusione e pazzia si impongono sulla nostra solita razionalità. Siamo vuoti, ma pieni di male.In termini medici, tutto ciò prende il nome di ‘Attacco di panico’. Tremori, pressione toracica, sudorazione, soffocamento, asfissia o iperventilazione, svenimenti o instabilità, tachicardia, formicolio agli arti inferiori e superiori, nausea, disturbi addominali, sensazione di distacco dall’ambiente circostante, ipertensione o ipotensione, parestesia totale o parziale.
Sembra il programma di una gita guidata in un tunnel del dolore e del supplizio, ma è quello che dieci milioni di italiani dicono di aver provato almeno una volta nella loro vita. È terribile.
La preparazione a un attacco più durare per ore, ma dopo aver raggiunto il culmine, esso si estingue in qualche decina di minuti. Dieci minuti nei quali dieci milioni di italiani vivono la propria morte e alcuni di loro la vivono ininterrottamente per anni, più di una notte a settimana. Molti, addirittura, vengono colti da attacchi in pieno giorno, in mezzo alla folla o a lavoro, senza contare sull’intimità e la protezione suggeritagli dal proprio letto.
Non si parlerà di diagnosi, terapie e rimedi della nonna. Non si può, ma si può suggerire una cosa al primo impatto stupida e superficiale.
Finirà e non con la nostra morte. Il primo passo è spingere via il mostro, rinchiuderlo nella porta di fantasia e cancellarla dalla parete della nostra stanza. Non importa quanto sia reale stavolta, finirà come ha sempre fatto.
Quando accetteremo la sua fine, senza alimentare i dubbi, quel mostro diventerà sempre meno feroce e volta dopo volta, dimenticherà di risucchiare sempre più ricordi felici. Aggrappatevi a loro e aggrappatevi alla consapevolezza che tanto, prima o poi, finirà.
Una notte, intento a spaventarvi come al solito, il mostro scoprirà di non essere più forte come un tempo e di non avere più il permesso di prendersi gioco di voi. Forse, potrà tornare a spaventarvi nei momenti di maggiore malessere, ma ormai saprete come scacciarlo via e sono certa che lo affronterete fieri e senza paura.
Mai più impotenti.