Nei giorni scorsi la RAI ha mandato in onda un film-tv che, benché incentrato sui sogni di una piccola aspirante ballerina, non era “il solito film di danza”. Nessuna gara per assicurarsi un ruolo da protagonista in un balletto, niente scontri con compagne snob o raccomandate ecc. Qui la rivale da battere si chiamava camorra.
“In punta di piedi” diretto da Alessandro D’Alatri e interpretato da Bianca Guaccero, Cristiana Dell’Anna, Marco Palvetti e dalla piccola bravissima Giorgia Agata, si apre sulla serena passeggiata di due bambine tra i vicoli di Secondigliano: Lucia vuole mostrare all’amichetta Angela la scuola di danza che frequenta. A questa apertura si accostano scene di violenza ad opera di camorristi, e lo shopping sfrenato di una giovane donna di quelle che “poi passa mio marito”. Quindi lo spettatore rimette insieme i pezzi del quadro familiare, papà camorrista che però si vanta di usare la testa e non la pistola, mamma che vorrebbe fare la bella vita come riscatto alla miseria, ragazzina undicenne amata ma un po’ allo stato brado (nessuno dei genitori sapeva dove fosse e cosa stesse facendo… mia madre sarebbe rabbrividita).
Poi c’è Lorenza, l’insegnante di danza, che cerca di insegnare che la danza è innanzitutto “bellezza, rispetto, sacrificio”. La sua scuola di danza, un capannone dipinto dove entra una luce dorata come fosse un altro mondo rispetto alle brutture che stanno fuori, vuole dare un’alternativa a chi subisce la condanna di essere nato in un posto “sbagliato”. All’allieva che annuncia di non fare il saggio perché il suo fidanzatino è geloso e mal sopporta che lei frequenti tre volte la settimana la scuola o faccia qualsiasi altra cosa che non sia insieme a lui, spiega che quello è un modo sbagliato di amare e la invita ad esprimere al ragazzo che cosa lei provi a danzare, come la danza la faccia stare bene.
Angela si innamora della danza, i genitori l’accontentano, ma vorrebbe danzare subito (anzi lo pretenderebbe) e occorre la fermezza di Lorenza per far capire alla piccola viziatella che bisogna cominciare appunto da esercizi magari noiosi e dolorosi. Che serve l’impegno e non gli “altrimenti lo dico a mio padre”.
A far da contraltare c’è un’altra famiglia, quella di Lucia, gente per bene che cerca di crescere i figli con valori di onestà: il papà mal sopporta che la figlia frequenti Angela, la mamma invece dice che è solo una bambina e non ha nessuna colpa.
Angela è molto dotata e la maestra confida a un amico restauratore francese, segretamente innamorato di lei, di aver scoperto una gemma preziosa. Anche Lorenza ha uno straziante segreto: un figlio affidato ai nonni per seguire la carriera di ballerina, e morto di droga appena adolescente.
La situazione precipita quando il papà Vincenzo, di fronte a una “promozione” mancata, passa al servizio di un’altra famiglia camorristica che gli impone di uccidere come prova di coraggio e fedeltà. Qui sono cinematograficamente interessanti le sequenze alternate dei lievi e solari passi di danza di Angela e di quelli furtivi e mortali del padre Vincenzo che si accinge alla sua missione di morte.
Bollato come traditore e braccato dagli ex compagni, Vincenzo si isola portando la famiglia in un luogo segreto e sorvegliato; Angela ha il divieto assoluto di uscire, ma un giorno scavalca il muro e va a danza con Lucia. Il padre la cerca, i sicari lo seguono, Vincenzo riesce a fare scudo alla sua bambina ma a restare a terra dopo la pioggia di fuoco è l’innocente Lucia.
Angela è distrutta e la madre per scuoterla la porta di nascosto a scuola da Lorenza, in piena notte. A differenza del marito, che vediamo tormentato e che di sicuro vuol bene alla figlioletta ma non sa cambiare strada, anzi va sempre più a fondo, Nunzia trova nell’amore per Angela la forza di ribellarsi a tutto un sistema di vita. L’inizio della sua presa di coscienza è forse quando la bambina le urla “Fai tutto quello che papà ti dice, lui non ti rispetta”.
Vincenzo infatti benché innamoratissimo della moglie ha ancora la mentalità da marito padrone e quindi anche da padre padrone, i ceffoni sono all’ordine del giorno se viene contraddetto, e alla fine giunge a ordinare a uno scagnozzo di dare alle fiamme la scuola “In punta di piedi”.
Lorenza non ha più niente, neanche la speranza di poter cambiare le cose nella sua patria, e accetta di andare a Parigi con l’amico che le ha dichiarato il suo amore. Per il bene della figlia Nunzia matura, fino a rinunciare a tutto ciò che ama: addormenta marito e scagnozzi col sonnifero nella pummarola (manco a dirlo… un po’ mi veniva da ridere) e dopo aver affidato Angela a Lorenza chiama i Carabinieri e fa arrestare tutti. Meglio in carcere che ammazzato, spiega a Vincenzo, e la bambina potrà seguire il suo sogno e avere una vita vera, una vita normale.
Dieci anni dopo la rivediamo, non più con abiti costosi e un po’ “tamarri” ma col grembiule di un lavoro umile e onesto, leggere le lettere della figlia ormai cresciuta che riuscirà infine a raggiungere la sera del suo debutto all’Opéra di Parigi.
(Conoscendo un po’ i meandri della burocrazia mi son chiesta come fosse possibile: probabilmente Nunzia ha aderito a un programma di protezione per i testimoni di giustizia acconsentendo all’affido di Angela e al suo espatrio…)
Una bella storia tutta al femminile, ispirata a una vicenda reale ma senza riferimenti diretti a luoghi o persone (così viene spiegato nei titoli di coda), con qualche difficoltà di comprensione nei punti in cui si parla in dialetto; dove resta però l’amarezza di aver dovuto fuggire all’estero, non solo per realizzarsi professionalmente, ma proprio per salvarsi dalla condanna di essere nati in luoghi dove ci chiediamo se sia possibile redenzione. Sarò retorica, ma avrei preferito che Angela potesse studiare al San Carlo di Napoli anziché all’Opéra di Parigi. E spero ci siano altre Lorenza, nella realtà, a dare speranza, a dare un’alternativa ai bambini che vivono all’ombra del potere criminale.