Oggi parliamo con Clara Cerri, autrice del romanzo Lettere Fra L’Erba.
Nuova intervista degli autori del gruppo Use – Book Love.
Ciao Clara, siamo molto incuriosite dalla tua formazione scolastica e dalla tua passione per la musica. Possiamo chiederti perché hai studiato ebraico e lingue orientali?
La passione per l’oriente mi è venuta per colpa di un romanzo. Volevo scrivere un romanzo che aveva a che fare con l’antico Egitto, più ironico che drammatico, e mi sono detta che dovevo studiare molto per renderlo credibile. Ho cominciato a leggere libri di storia egiziana e “ci sono rimasta sotto”, come mi è successo spesso nella vita. Anche la Bibbia mi incuriosiva molto, specie la parte narrativa. Ho preso la cosa talmente sul serio che ho smesso di scrivere quel romanzo e ho dedicato parecchi anni della mia vita solo a studiare, tra laurea, dottorato, borse di studio e insegnamento precario. Poi mi sono stancata di bussare a porte sempre chiuse, e ho deciso di cambiare vita. Di quella vita lì sono rimasti dei libri, degli articoli, e il ricordo di tanta gente geniale e appassionata che ho incontrato in tutti questi anni. E di qualche bel viaggio, anche, che non avrei mai fatto senza il pretesto dello studio e dei convegni.
E perché musica classica e jazz? Com’è far parte di diverse band musicali?
Nella mia famiglia il talento per la musica è molto diffuso. Mio padre faceva parte, con suo fratello, di un gruppo vocale che all’epoca fece molte registrazioni e molti concerti, anche all’estero. La mia passione per la musica ha avuto sempre molte anime: da ragazza studiavo il piano, poi mi distraevo per vedere i video musicali e mi sforzavo di capire cosa dicevano le canzoni in inglese. Sapevo a memoria tutti i cantautori e mi incuriosiva anche il musical, perché avevo anche una grande passione per il teatro (come Isabella nel romanzo). La passione per il jazz, invece, mi è venuta più tardi, dallo studio del canto. Mio marito, che ama solo la musica classica, specie quella corale, non capisce molto questo mio saltabeccare tra un genere e l’altro: è felice anche quando mi sente cantare qualcosa di diverso, ma quando poi torno a cantare Palestrina nel suo coro, mi rimette subito in riga.
Come concili la tua passione per la musica con quella letteraria?
Nelle mie storie c’è molta musica: nel mio primo romanzo, Dodici posti dove non volevo andare, il protagonista del primo capitolo è un cantante americano di successo che entra in depressione e decide di dedicarsi a un genere del tutto diverso. Anche Ilaria, la protagonista del mio secondo romanzo, studia canto e oscilla tra il desiderio di una vita dedicata alla musica e una dedicata a studiare o a insegnare. È la sua anima artistica che la riavvicina al suo amico attore.
Della trama di Lettere tra l’erba ci affascina molto il mistero riguardo alla madre di Isabella e a questo legame speciale con un caro amico: da dove nasce questa storia? Ti sei ispirata a qualcosa in particolare?
Un tema centrale di Lettere fra l’erba è proprio l’amicizia, in tutte le sue sfaccettature. Tra donne che si raccontano tutto, tra vecchi colleghi di università e compagni di movimento, tra persone che si sentono sempre fuori posto nella vita: ci sono amicizie sincere, solide, e amicizie superficiali e fragili che si avvelenano di pettegolezzi e di rancori. L’amicizia tra Antonio e Ilaria è particolare fin dall’inizio: lei si sente in dovere di stargli vicino in un momento molto buio della sua esistenza e presto la loro amicizia si tinge di sentimenti diversi, che però in quel momento restano irrisolti. Sarà che ho vissuto molte storie così, il più delle volte perché ero io che volevo che l’amicizia si trasformasse in qualcosa di diverso.
Nella tua storia affronti un argomento spinoso come il suicidio. Non avevi paura, mentre ne scrivevi, che prima o poi qualcuno ti avrebbe accusato di non trattarlo con la dovuta cura oppure che non fosse qualcosa di cui parlare in un romanzo?
Probabilmente ho voluto mettere in scena una delle mie peggiori paure, la paura che una persona a me cara facesse una scelta del genere. Nel romanzo cerco di parlarne con più delicatezza possibile e soprattutto di parlare di cosa succede a chi rimane: il rimorso di non aver capito, il dubbio di non aver fatto abbastanza per impedirlo. Razionalmente si può dire “è una malattia, non è colpa di nessuno”, ma la ferita è dura da sopportare.
Potete trovare Lettere Fra L’Erba anche in formato Epub
Intervista redatta da Simona Ingrassia e Silvia Azzaroli