Tornano le nostre interviste ad autori esordienti in collaborazione con il gruppo Use Book Love.
Questa volta intervistiamo Jessica ScarlettRose Tommasi, autrice di Necrotica – Trama di un sogno e sottile raso.
Iniziamo con le domande di Simona Ingrassia
Dopo il successo di Twilight si è assistiti a un’esplosione di romanzi o di racconti con i vampiri come protagonisti. Non pensi che ormai il mercato sia saturo per questo tipo di storie? Inoltre, i tuoi vampiri come si differiscono dagli altri già noti?
No, non ho mai pensato che il mercato fosse saturo di questo tipo di storie. Posso però pensare che i lettori si stanchino. Se ciò accade, conviene loro rigare dritto e far finta che tutte queste opere su creature assurde e mai esistite non siano presenti. Secondo me non ha importanza quanto un argomento sia trattato. Conta come venga preso in esame e portato avanti, strutturato, livellato, cresciuto. Conta l’amore riversato in ciò che dici e fai, come sottolineo in una parte della mia biografia.
Domande di Roberta Marani
Ti piacerebbe essere immortale? che cosa ti ispira il buio?? Quale colore associ al tuo stato d’animo quando scrivi??
Il buio mi ispirava insicurezze e terrore. Al contrario, oggi suggerisce di addentrarmi in campi sconosciuti e di studiarli. Se qualcosa vive nel buio, non toglie che possa esistere. E, se quel qualcosa esiste, tutto può succedere.
Mentre scrivo assocerei me stessa al colore viola e al nero, talvolta a sprazzi di rosso acceso.
Domande di Gigliola Foglia:
“Che cosa pensi di poter dire di nuovo sul tema del vampiro?” e all’altra “Perché ti ha affascinato il tema scienza=magia?”
Non è necessario rendere innovativa una figura per far amare uno scritto, ma utilizzare parole in grado di colpire il lettore.
Inoltre intendo anche dire con questo che, forse, un tempo utilizzavo un linguaggio più aulico, mentre ora tento di proporre scritti più colloquiali. Questo però non significa essere regredita, ma aver sviluppato un nuovo stile.
Tornando alla domanda, penso che l’aver introdotto il tema del vampirismo nel genere poetico possa considerarsi un piccolo passo avanti. Se ci pensiamo bene, leggiamo molti romanzi, racconti brevi… ma quante poesie vertono sui vampiri?
Nell’opinione comune la poesia non è altri che la sorella minore e bruttina della prosa, eppure io ho sempre voluto credere e dare una chance a tale forma di espressione.
Riguardo alla seconda parte della domanda, la relazione non è esattamente quella e comprendo che non è semplice sviscerare e cogliere l’essenza del mio libro. Sono una persona abbastanza contorta.
L’idea che mi ha affascinata non è stata “scienza=magia”, anche perché la scienza non ha mai ammesso – o perlomeno ha ipotizzato con grande difficoltà – l’esistenza di un qualcosa che non sia umano o che vada al di là dell’umano e del nostro raziocinio.
Io ho puntato verso il discorso “Alchimia=Magia”. L’alchimia non può essere riconosciuta come scienza, tuttavia rappresenta, in qualche misura, la “preistoria” della chimica.
Non solo. Si definisce altresì alchimia quell’insieme di pratiche filosofico-esoteriche che combinano elementi di medicina, chimica, metallurgia, astrologia e fisica. Gli alchimisti perseguivano principalmente tre obiettivi:
– Acquisire l’onniscienza;
– Creare la panacea universale, un rimedio per curare tutte le malattie e conquistare l’immortalità;
– Trasformare i metalli vili in oro.
Il Vampiro è una figura tipica di una letteratura tendente al macabro, talvolta perfino al grottesco.
Com’è stato accennato, le sue origini risalgono a credenze molto antiche, avendo alle sue spalle anche una solida tradizione orientale (per esempio ne “Le mille e una notte”), ma può essere vista anche come una figura romantica, affine all’amante fatale del primo Ottocento.
Il Vampiro spesso viene definito come un mito di transizione e di metamorfosi, è sempre stato paragonato ad animali ritenuti dai bestiari di malaugurio e diabolici, come il serpente, il lupo e il pipistrello.
Rappresenta inoltre l’ancestrale paura della morte e il suo mistero.
Egli sugge il sangue perché ritenuto sede dell’anima, risalendo quindi all’antica credenza, secondo la quale, mangiando parti del corpo di un uomo, ci s’impossessava delle sue qualità e del suo spirito; perciò il vampirismo potrebbe essere visto anche come estrema sublimazione dei riti cannibalistici.
Domande di Maria Pia Leone
1. È davvero intrigante la tua fascinazione per l’immortalità.
Perché allora raccontare dei vampiri ?
Perché non un’altra forma di vita derivata dalla natura umana alterata ?
I vampiri non sono immortali. Siamo stati noi ad affibbiare questo concetto. Così come gli esseri umani invecchiano, i vampiri possono morire. Certamente, non con armi e tramite modi convenzionali. Fatta questa premessa, non ho scelto un’altra forma di vita alternativa, che forse sarebbe apparsa più originale e innovativa, perché non mi interessava trattare di altro. Ho optato per i vampiri poiché volevo indagare fino in fondo al loro animo e cogliere sfumature che ad altri erano sfuggite. A mio rischio e pericolo. Dalla banalità ci divide sempre un solo passo.
Notoriamente i vampiri sono considerati creature immonde.
Da Dracula, il vampiro per eccellenza, a Edward di TWYLIGHT passando per BUFFY, ANGEL, è tutto il fiorire di serie e letteratura a tema vampiri, qual è stato il percorso che ti ha condotta alle storie che scrivi ?
Coglierò alla sprovvista, in quanto, almeno all’inizio e parlo dei miei tredici anni, i vampiri non mi piacevano. Ne avevo paura ed evitavo volutamente di leggere libri del genere. Ho avuto il mio primo approccio nei confronti di tali creature attraverso la lettura de “Il Diario del Vampiro” di Lisa Jane Smith. Da lì, non ho più smesso e ho rincarato la dose io stessa, concentrando la mia scrittura sui vampiri.
Saresti disposta a trasformarti in un vampiro pur di agguantare l’immortalità ?
Se mi fosse stato chiesto un paio di anni fa, avrei detto sì senza bisogno di pensare ulteriormente. Oggigiorno ho riveduto la questione: fino a un tot di tempo preferirei vivere come un’umana, per poi accogliere la dannazione di coloro che camminano nella valle della morte.
Concludo l’intervista esprimendo uno degli aspetti più interessanti di tali creature: quello meta-letterario. Il vampiro come metafora dello scrittore.
Ne “Il libro dei vampiri” (1985) di Fabio Giovannini viene affermato, appunto, che lo scrittore è come un vampiro, il quale, attraverso la sua opera, “contagia con i suoi pensieri i pensieri degli esseri umani”; anche in questo caso però il rapporto che si crea tra il “vampiro” e la sua “vittima” è molto ambiguo, poiché anche lo “scrittore vampiro è stato a sua vota vampirizzato a suo tempo”, attraverso gli scritti di altri autori, perché egli è pur sempre un lettore.
In questo modo i libri nascono come prodotto di altre opere, cioè sono “frutto di altre vampirizzazioni”.
L’autore troppo partecipe, troppo risucchiato nella scrittura, rischia di illanguidire e infine di scomparire. Dalle pagine troppo belle certi autori non vorrebbero staccarsi mai, più danno vita alle pagine, più diventano vividi fiori, più l’autore si fa diafano.
Il mio vampiro è la scrittura che, quando ama, non si spaventa di fronte a nessuna croce.