Premetto che Max De Angelis è, per me, una sorta di uomo immagine: quella che mi riporta al Dylan di Beverly Hills 90210 o a il suo omonimo Dog. Sono figure che permangono nella mia mente come inviolabili, effigi dell’ideale di uomo gravato da una personalità di struggente e violento Romanticismo.
Non so se Max, nella realtà, sia così: purtroppo non l’ho mai conosciuto. Abbiamo conversato un poco sui social media e non ha scalfito minimamente ciò che ha, anzi ho, forse abbiamo (?) creato nella mia fantasia.
Quindi lui è così, partiamo da questo unico, meraviglioso caposaldo.
La prima volta in cui mi sono imbattuta nella sua arte era il 2005 e mia mamma mi aveva regalato un CD misto di canzoni, un’accozzaglia di melodie e parole che solo lei poteva scovare. Comunque sia, ero in macchina con il mio fidanzato e Max è uscito dall’autoradio. Non sto enfatizzando: una sonorità e un vocabolario sfumati, crogiolo di sottile canzone d’autore italiana e intriganti sottofondi internazionali, ci ha invaso. Il primo ascolto è stato come un viaggio sciamanico all’interno della pura musica, scevra dal lessico, che ho interiorizzato in un secondo momento.
Unendoli insieme, la canzone si dispiega in una storia di disperazione con le ali. Accenno a questa metafora non solo facendo riferimento al video, acuto e, per certi versi, tattile, ma perché il dolore va lasciato libero. Sia secondo l’autore, sia secondo me. La prima impressione che “La Soluzione” impatta sull’ascoltatore è quella quasi morbosa, ma altrettanto magnetica, del suicidio. Alzate il velo di Maya e scoprirete una verità diversa. Fatelo con delicatezza, perché siete in tre a soffrire: Max, il suo alter-ego che, ritto sul cornicione, sta per buttarsi e voi. Perché tutti siamo stati devastati, almeno una volta, dall’amore. Ognuno di noi ha camminato scalzo su quel precipizio freddo e sgretolante. Ricordate i vostri piedi? Erano sudati, ghiacciati, tremanti. Per questo, consiglio di avere un tocco leggero e sbirciare le orme che, da confuse, diventano man mano più chiare. Poi, non ci sono più. Ma non ci siamo buttati, abbiamo solo preso il volo.
“La soluzione” fa male. Ferisce perché comprende tutto il dolore e lo martella nelle orecchie, senza preoccuparsi delle fragilità altrui. Confonde, anche perché, se non cogliete la metafora, sarete voi a strapparvi le ali. Ma noi abbiamo guardato con attenzione: ricresceranno. E voliamo lontano, via dalla disperazione e dal tormento. Verso il sole, ma non contro di esso.
Caro Max, grazie, per averci fatto liberare e librare.