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Muccino è tornato a casa … in Italia. È tornato per ricordarci che tipo di film è in grado di fare. “A casa tutti bene” è una sorta di ritorno agli albori della sua carriera, quasi un’opera omnia che ricalca tutta la sua vita artistica. La storia è molto semplice e lineare: una anziana coppia festeggia le nozze d’oro e vuole condividere l’evento con la famiglia, figli, nipoti, cugini, zii ed ex mogli, una carovana di esseri variopinti e disomogenei.
Praticamente una di quelle riunioni familiari a cui siamo stati tutti obbligati a partecipare. Il mare agitato e l’impossibilità di riprendere il traghetto per tornare a casa costringeranno tutti a rimanere più del previsto. Ogni membro di questo circo è una sorta di Ulisse felice di ritornare ad Itaca, all’arrivo si sprecano gli abbracci, i baci e i finti sorrisi di circostanza. Ma le maschere non si possono indossare per troppo tempo e quando cadono fanno davvero molto rumore. Basta una sola notte a scatenare l’inferno. La cosa più plateale di questo film corale è la capacità di farti sentire a casa: chi non ha avuto una zia Alba, dolce e imperturbabile? Chi non ha uno zio Riccardo che giudica un tremendo imbecille e che racconta di continuo barzellette sconce?
Le tipologie umane che Muccino ci racconta ci sono così familiari da farci sentire totalmente coinvolti nelle loro vicende. Il coro funziona, nessuna voce sovrasta l’altra e viene garantito a tutti lo spazio per distruggere e devastare l’apparente e sottilissima armonia iniziale. Il cast è all’altezza del compito senza nessuna esclusione. Stefania Sandrelli è Alba, madre di tre figli adulti e inquieti. Dietro la sua apparente serenità nasconde una vita di sopportazione, rinunce e sacrifici che ha affrontato solo per tenere unito e saldo il nido domestico. Sulla sua scia la figlia Sara, interpretata da una strepitosa Sabrina Impacciatore (Non mi capacito di come questa artista incredibile possa lavorare tanto poco, è uno spreco). I figli di Alba sono Carlo e Paolo, il primo è un convincente Pierfrancesco Favino alle prese con una moglie isterica, il secondo uno scrittore fallito al quale Stefano Accorsi conferisce un fascino sottile e irresistibile.
Gianmarco Tognazzi ci regala il cugino Riccardo, un reietto di serie A, credo di non averlo mai trovato tanto perfetto in un ruolo. La compagna di Riccardo, vistosamente incinta, è Luana, una spassosa e aggressiva Giulia Michelini che conosce la famiglia intera in questa occasione, guardandola prima con grande speranza, ma poi con assoluto disprezzo. La figura di Massimo Ghini, il cugino Sandro, ammalato di Alzheimer, ti strazia il cuore con i suoi occhi assenti e spaventati. Negli occhi di sua moglie leggi solo tristezza e stanchezza, il peso portato da chi deve vedere l’uomo che ama sparire lentamente, giorno dopo giorno . A delineare questa donna “sull’orlo di una crisi di nervi” c’è una Claudia Gerini insolitamente malinconica e struggente, che mi ha colpito moltissimo. Restare tutti insieme nella magnifica cornice dell’Isola di Ischia equivale ad innescare una bomba, di cose non dette, di frasi spezzate e rancori mai sopiti, con l’allegra e scanzonata colonna sonora di vecchie canzoni. Il cugino Riccardo regala al pianoforte deliziosi siparietti con pezzi come “Bella senz’anima” o Margherita. Tutti insieme a cantare allora, a cantare a squarciagola e ad aspettare … ad aspettare che il traghetto torni per portarli via, perché anche Ulisse da Itaca deve ripartire, perché è un isola bellissima ma non è proprio possibile viverci, perché la famiglia finisce sempre con lo starci troppo stretta. Un ritratto amaro e malinconico quello che Gabriele Muccino ci regala, non c’è tregua per nessuno in questo confuso e chiassoso clan, neppure per i bambini, perché non esistono famiglie normali o vite normali, esistono solo vite da affrontare ogni giorno.