Ready Player One – Steven Spielberg – Recensione

 

Vi è mai capitato di vedere un certo film e ritrovarvi al suo interno riferimenti ad altre pellicole, a manga, libri o quanto altro? Oramai il cinema è ricco di lavori che sono pieni zeppi di citazioni, richiami a opere affini o non, i cosiddetti “easter egg” che i più appassionati si divertono a ricercare. Siamo abituati ad esperienze del genere, ma come reagireste di fronte ad un film che è a sua volta un easter egg? Non sto facendo semplici ipotesi, ma sto parlando di Ready Player One, il nuovo lavoro di Steven Spielberg che uscirà il 28 marzo nelle sale italiane e che è liberamente ispirato al romanzo di Ernest Cline.

Anno 2045, la Terra è un luogo inquinato e funestato da guerre, ormai la gente passa la maggior parte del tempo su Oasis uscendovi solo per dormire e per mangiare. Si tratta di un mondo virtuale creato da James Donovan Halliday (un Mark Rylance in stile Doc di ritorno al futuro e alla terza collaborazione con Spielberg dopo Il Ponte della Spie, che gli è valso un meritatissimo Oscar e Il Gigante Gentile) che è diventato parte integrante della vita di tutti gli individui, ognuno può creare un proprio avatar nascondendo così la propria identità. La morte del creatore è un duro colpo per l’intero sistema, ma egli prima di andarsene ha lasciato qualcosa di molto importante: disperse per Oasis in un luoghi sconosciuti si trovano tre chiavi che permettono di raggiungere un easter egg dorato, si tratta di un premio dall’enorme valore che consentirà al primo che lo conquisterà di assumere il controllo sull’intero mondo virtuale. Protagonista della vicende è Wade, un ragazzo che vive a Columbus e come tutti passa la sua vita all’interno di Oasis con il nome di Parzival, grande ammiratore di Halliday farà di tutto pur di cercare di vincere la sfida lanciata dal maestro nel frattempo facendo i conti la OIO guidata da uno spietato Nolan Sorrento.

Si tratta di un’avventura in un mondo distopico divisa tra il reale ormai in decadimento e Oasis dove tutti possono decidere chi voler essere. Ciò che più affascina di questo film è però tutto ciò che sta intorno alla vicenda, ovvero gli innumerevoli riferimenti ad opere pop e cinematografiche. In realtà  è il film stesso ad essere un easter egg continuo, in questo modo lo spettatore oltre che seguire in modo appassionato la vicenda può ritrovare pezzo per pezzo parti della sua infanzia, tutto ciò che ha incontrato nel corso della sua vita e di cui si è appassionato. La scena delle corsa in auto è forse una delle più emblematiche: su un circuito a metà tra Mario Kart ed Hot Wheels ci si sfida a colpi di motori alla Fast and Furious, ma c’è anche spazio per molto altro come una tipica Delorean, un t rex alla Jurassick Park e King Kong, ma questo è solo l’inizio. L’obiettivo dei giocatori è quello di trovare un enorme easter egg, ma questo diviene immediatamente anche quello dello spettatore che ne ha molti di più da scovare e si ritrova così completamente catapultato nei panni del protagonista insieme al quale dovrà scoprire i segreti di Oasis.
Prima di morire Halliday ha lasciato un archivio corrispondente alla sua memoria che diviene consultabile da tutti coloro che vorrebbero capire meglio il funzionamento di Oasis. Vi si trova di tutto, ma in particolar modo vi sono le esperienze significative della sua vita,  Wade dovrà scavare al loro interno per decifrare i luoghi in cui si nascondo le chiavi. Questa memoria del creatore si propone però essere qualcosa di più; Halliday è infatti a mio parere Spielberg stesso, per noi il creatore di mondi straordinari. Lo spettatore quindi si ritrova a scavare nella mente non solo del fondatore di Oasis, ma del regista che easter egg dopo easter egg traccia il percorso della sua attività di cineasta. Ci sono molte citazioni relative ai suoi film famosi, ma anche a quelli degli amici di sempre come Coppola, Lucas e Scorsese, ma la cosa che ho apprezzato più di tutti è stato il suo voler andare oltre, non fermarsi a ciò che il pubblico conosce, ma andare a fondo su ciò che è veramente il cinema,  richiamando anche ai suoi progetti che non sono andati in porto. Ci sono riferimenti a videogiochi, anime, cartoni, musica e ad importanti eventi della storia, ma soprattutto c’è un omaggio al cinema stesso. Spielberg mette in scena un vero e proprio tributo ad uno dei registi che maggiormente ha segnato il suo lavoro ricostruendo per filo e per segno il setting di uno dei suoi grandi capolavori. Non manca nemmeno un omaggio al cinema che fu, quello delle basi, lo fa attraverso un’aperta citazione Quarto Potere il film di capolavoro di Orson Welles, un easter egg che personalmente ho amato molto, forse inaspettato ma che fornisce la soluzione e il significato più profondo all’intera vicenda.


La pellicola si svolge per la maggior parte in un mondo virtuale nel quale la gente fuggendo  può trovare ciò di cui ha bisogno, una casa, una vita. Il mondo reale viene mostrato davvero poco se non nella sua distruzione, ma paradossalmente Spielberg è in grado, attraverso l’esperienza virtuale, di farci riscoprire la bellezza pura di vivere nella realtà dove si affrontano tante sfide, ma si è attorniati da tanti amici in carne ed ossa. Una morale che è solo una piccola parte di un film straordinario, ricco, potente e che costituisce l’ennesimo capolavoro di questo regista.

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