LE TOMBE DIMENTICATE DEI GRANDI DELLA DANZA 7: CARLO BLASIS, “il padre della danza”, E ANNUNCIATA RAMACCINI
Ricorre quest’anno il 220° anniversario della nascita di Carlo Blasis, ballerino, coreografo, ma soprattutto maestro di danza e grande teorico, il primo a codificare in un manuale tutta la tecnica accademica.
Nato a Napoli il 4 novembre 1795 viene battezzato il giorno seguente come Carlo Francesco Pasquale Raffaele Baldassare, sembra nella chiesa di S. Maria degli Angeli in Pizzoballone ma una seconda annotazione del parroco di Cernobbio sull’atto di morte parla invece di S. Marco di Palazzo in Napoli.
Il padre era figlio di un ufficiale spagnolo e compositore di musica (anche per balletti poi coreografati dal figlio) e volle per i figli un’educazione a tutto campo, anche quando fuggita da Napoli per la reazione borbonica alla Repubblica Napoletana la famiglia si rifugiò prima a Londra e poi a Marsiglia. Carlo ebbe i migliori maestri di letteratura, geometria, lingue, musica e disegno, e debuttò come ballerino attorno al 1807; dopo una prima trionfale tournée i Blasis approdano a Bordeaux che era un importante centro per la danza e lì Carlo diventa primo ballerino; gli si aprono poi le porte dell’Opéra di Parigi.
Del 1819 la sua prima coreografia, “Il finto feudatario” alla Scala: un fiasco. Continuano i trionfi come ballerino in tutta Italia e in Inghilterra. Nel 1828 a Genova conosce Annunciata Ramaccini, ballerina e mima: la sposa, e il 9 febbraio 1833 nasce a Firenze la loro figlia Luigia, che sarà ballerina anche lei ma solo dal 1854 al 1858 (lascerà le scene per sposarsi).
I due sposi collaboreranno sempre strettamente: danzano in coppia, Annunciata interpreta balletti coreografati dal marito come “Leocadia”, ma sarà la sua spalla anche nell’attività di maestro e teorico: il Dizionario Biografico Treccani dice testualmente “la coppia Blasis- Ramaccini è rimasta l’espressione massima dell’insegnamento della danza accademica, sia pubblico, sia privato”.
Nel 1925 Carlo ha un infortunio a un piede, si ostina a danzare nonostante le critiche per altri dieci anni, poi si ritira dalle scene mentre la moglie continua a esibirsi fino al 1847 (chiude con uno spettacolo al Covent Garden di Londra!).
Blasis ha però già iniziato l’attività di teorico col suo primo trattato di diattica: “Traité élémentaire, théorique et pratique de l’art de la danse” (Milano 1820), a cui segue il fondamentale “Codice di Tersicore” (1828) che tratta di origini e sviluppo della danza, danze nazionali, teoria della danza teatrale con istruzioni dettagliate sulle 5 posizioni della danza accademica e i vari passi, pantomima, origine delle maschere e della commedia dell’arte, esempi di balletti di vario tipo, danze di società, e infine la relazione tra la danza e le belle arti. Approfondisce la tecnica, disegna le posizioni e i passi, ma soprattutto, rispetto ai teorici precedenti, è sorprendentemente moderno perché la sua opera dice che la danza non è un mondo a sé, che può esprimere tutto, ma per farlo coreografo e interpreti devono essere sì tecnicamente perfetti ma in funzione dell’espressione, consapevoli dei problemi del proprio tempo, e deve avere valore morale o artistico anche la tematica del balletto e la sua musica e perfino la messinscena.
Il trattato gli apre le porte della Scala come maestro di perfezionamento con contratto dal 1837 al 1843 poi rinnovato di anno in anno fino al 1850, insieme alla moglie come vicedirettrice: saranno gli anni dell’ascesa del balletto della Scala e insieme del trionfo del balletto romantico. I Blasis lasceranno l’incarico per invidie altrui e per loro desiderio di nuovi orizzonti; aprono una scuola privata da cui escono i grandi ballerini dell’epoca, allestiscono balletti a Londra, Parigi, Varsavia, Lisbona. Blasis insegna al Bolshoi per due anni (1861-’63) e tutte le grandi stelle del balletto russo dell’epoca furono allievi suoi o di suoi allievi. Nel 1864 torna a Milano e da allora si dedica solo all’attività di scrittore. Pare si ritiri a Cernobbio nel 1866, qui muore di “apoplessia cerebrale” il 15 gennaio 1878; tre giorni dopo il funerale e la tumulazione nella cappella di famiglia.
La villa Blasis, chiamata da alcuni storici della danza “La Carcanina”, probabilmente prese questo nome in seguito, quando vi andò ad abitare la figlia Luigia col marito Gian Battista Carcano: in origine risiedevano a Maslianico perché le figlie risultano nate là. In quella villa probabilmente morì anche il genero ed è dal suo atto di morte che si estrae l’indirizzo: via Regina n. 130. Un civico che non esiste più, il Comune di Cernobbio sta verificando a quale corrisponda attualmente. La mia personale idea è che fosse nei pressi di Villa Pizzo, perché le figlie di Luigia e del conte Carcano sposarono due Villoresi, fratelli figli di Ettore il giardiniere di Villa Pizzo. Sono i due generi a recarsi in Comune a dichiarare la morte del conte Carcano nel 1902: Giuseppe, a sua volta giardiniere, aveva sposato nel febbraio 1892 Maria Camilla detta Gina, morta trentenne neanche un anno dopo dando alla luce il figlio Camillo Achille Ettore (Giuseppe non si risposerà mai e morirà a Milano in una casa di salute nel 1915). Filippo, che sempre nel 1892 ha sposato Vittoria, risulta medico residente a Cremella (il titolare dell’ultima sepoltura nella cappella Blasis al cimitero di Cernobbio ha un cognome diffuso un tempo soprattutto a Nibionno, che è a pochi passi: non è bello indagare nella privacy di privati cittadini da poco defunti, quindi mi limito a supporre si tratti di un discendente di Filippo e Vittoria). Risulta però anche una terza figlia di Luigia e del conte Carcano, Francesca Carolina Annunciata, nata nel 1872, di cui non conosco la sorte.
La cappella Blasis, a fianco della cappella dei parroci cernobbiesi, fu visitata nel 1952 dal grande coreografo Balanchine (il fondatore del New York City Ballet, per intenderci) accompagnato lì dal coreografo italoungherese Milloss; Balanchine mostrò disappunto perché l’epitaffio parla di Blasis come di un filosofo insigne, senza specifiche allusioni alla danza. Con lui è sepolta anche la moglie Annunciata che nelle biografie risulta morta a Milano, ma la lapide dice “qui placidamente spirava”, e nei registri della parrocchia di Cernobbio il parroco dell’epoca specifica che è morta il 23 gennaio 1892 a 82 anni (la lapide dice 78, la data di nascita ufficiale è 10 aprile 1813 a Firenze), di bronchite, in comunione con la Chiesa, dopo aver ricevuto i sacramenti: non dice dove ma sembra verosimile le abbia portato lui stesso il Viatico, oltretutto il funerale si svolge il giorno seguente e mi pare improbabile che la salma sia stata trasportata immediatamente da Milano.
Non risulta invece morta a Cernobbio la figlia Luigia (Luigia Vincenza Virginia Francesca, nata a Firenze il 9 febbraio 1833 e morta nell’ottobre 1908) che pure ha la lapide in comune coi genitori.
Nella cappella sono anche le sepolture del marito di Luigia, delle figlie Vittoria e Camilla coi rispettivi mariti, del nipote Camillo e di una signora che era probabilmente sua moglie, di Carolina Mantica Villoresi (madre di Giuseppe e Filippo), di un signore recentemente scomparso che ipotizzo discendente di Filippo e Vittoria, e di tale Nadia Maria Sckryvanoff.
Quest’ultima lapide era un piccolo mistero: senza date, ma posta specularmente e con gli stessi caratteri grafici della lapide dedicata a Gina Villoresi Carcano (pure senza date), quindi fatta nello stesso periodo storico. Controllando nei registri parrocchiali che Gina fosse in effetti Maria Camilla, mi cade l’occhio sull’atto di morte di Nadia Maria Gregoria Skryvanov, registrata a poche pagine di distanza: non una ballerina allieva dei Blasis, né una “nanny” assunta all’estero, come avevo supposto, ma una bambina di nove anni, nata a Parigi nel 1884, battezzata nella cappella di Villa Pizzo (sul confine tra Cernobbio e Moltrasio) nel 1886 e morta di malattia nel 1893 (come Gina), figlia di tale Gregorio Skryvanov e di una Villoresi (nome scarsamente leggibile, mi pare Emilia, probabilmente una sorella di Giuseppe e Filippo). Mi piace pensare che la sua manina mi abbia girato quella pagina, perché qualcuno ricordasse almeno che lei era esistita.
g.fo.
si ringrazia:
Comune di Cernobbio, in particolare il Settore Cultura
Parrocchia di San Vincenzo, don Bruno Biotto e signora Mariella
la prof. Irene Fossati Daviddi
gli amici Mario Minatta e Fulvio Carcano
impiegati e cittadini che hanno cercato informazioni