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McDonagh ci racconta l’America degli Stati Uniti del Sud e lo fa maledettamente bene.Un’adolescente viene stuprata e uccisa in un paesino apparentemente tranquillo. Sono passati mesi e la polizia brancola ancora nel buio.
La madre della ragazza, interpretata da una magistrale Frances McDormand, è disperata e ferita. La sua recitazione è grintosa, distante e distaccata, come se si trovasse in un mondo parallelo e guardasse la realtà con disgusto. Un dolore terribile il suo, che esterna con determinazione, ma non è nelle sue parole sboccate che si concentra la sua forza, ma piuttosto nei suoi silenzi che urlano fino allo sfinimento. Stanca di aspettare e di sperare nei progressi delle forze dell’ordine fa qualcosa di folle ed imprevedibile: espone tre enormi manifesti sulla strada che sono un esplicito messaggio polemico al capo della Polizia William Willoughby, invitato a rendere conto del suo operato insoddisfacente. L’uomo, malato di cancro, è estremamente amato dalla popolazione e l’iniziativa della donna spacca la città in due. Fa molto rumore Mildred e viene attaccata su ogni fronte, i vicini, il prete, la stampa, gli estranei, persino la famiglia. Willoughby è un personaggio splendido, a cui il grande Woody Harrelson regala un’anima immensa, un uomo che sta per morire , a cavallo tra due mondi, che vede tutto con lucidità e chiarezza, presente, passato e futuro. Il Suo rapporto con Mildred non è di scontro o sfida, è più una carezza amorevole, la mano sulla spalla di un amico che cerca di aiutarti anche se lo insulti, ben sapendo che il tuo livore non è per lui.
La vena polemica e accusatoria dei manifesti stimola anche la rabbia repressa del giovane poliziotto Dixon, violento, xenofobo e incapace di controllarsi. Dixon è l’antagonista reale, il nemico apparente che rappresenta tutti i luoghi comuni e i limiti di una società retrograda ed ignorante. Il viso e l’aria scanzonata di Sam Rockwell ne fanno una vera icona, probabilmente il miglior ruolo della sua carriera. C’è molto di più di quel che si vede, al di là della paura, al di là dell’odio, c’è un essere perso che cerca disperatamente di trovare la sua strada nella vita. Questo film è un ritratto impietoso degli Usa, crudo, crudele e politicamente scorretto, un pugno nello stomaco che però ti fa amare i suoi personaggi, così veri, brutti e cattivi da diventare familiari. Non c’è alcuna redenzione ad Ebbing … o forse sì ? Vi consiglio di andare a scoprirlo perché ci sono poche certezze, ma una di queste è che questa pellicola profuma di Oscar.