Yara
Come saper raccontare la realtà con pudore ed empatia
Ero un po’ scettica sull’opportunità di vedere o meno questa pellicola, per il dolore dei genitori, per la prossimità temporale del delitto, per buon gusto.
Poi mi sono detta che anche le famiglie delle vittime di Bundy hanno avuto il loro dolore e nessuno si è posto il quesito guardando le diverse pellicole e documentari sulla sua storia, come se il dolore degli americani fosse meno reale del nostro, poi ho pensato al film “Sulla mia pelle“, basato sulla vicenda vergognosa di Stefano Cucchi e ho concluso che, a volte, il cinema è molto più attendibile del giornalismo.
Il film è stato rispettoso e misurato, si è concentrato più sulla durissima impresa della donna forte e determinata a cui era stata affidata l’inchiesta: il pubblico ministero Letizia Ruggeri.
Quello che emerge è la lotta alle ingerenze becere della politica, alla grande capacità dei media di manipolare l’opinione pubblica contro questo o quel personaggio, la voglia di creare il capro espiatorio straniero e la capacità dei potenti di dire tutto e il contrario di tutto per manipolare la gente comune alla ricerca di consensi.
La stampa in particolare è pessima, alla sola ricerca dello scoop, in perenne attesa di invadere la privacy della famiglia, incurante del rispetto e della sofferenza altrui.
Nessun particolare sordido o irrispettoso, nessuno spettacolo sulla morte.
L’ approccio alla famiglia di Yara è stato molto delicato, con un sempre ottimo Mario Pirrello, il cui dolore paterno, composto ma lacerante non può lasciare indifferenti.
Il suo sguardo smarrito davanti alle forze dell’ordine restituisce tutto il suo senso di impotenza.
La mia preferita è Sandra Toffolati, una madre incredibile, così comunicativa che ho percepito tutta la sua angoscia ma anche il suo orgoglio, la sua determinazione ad avere giustizia e la sua scelta di credere nella donna che guidava le indagini nonostante gli attacchi e le insinuazioni.
Il loro sguardo d’intesa, carico di significati celati, mi ha commosso profondamente.
Isabella Ragonese è un P.M. molto calzante, alle prese con un caso spinoso e con gli immancabili stereotipi di genere.
Potreste dire, ma non è un tasto un po’ scontato?
Beh direi proprio di no, perché le donne sottovalutate, scavalcate, sottopagate e denigrate nel mondo del lavoro sono ancora troppe per trovarlo un argomento che ha annoiato.
Smetteremo di parlarne quando ci sarà equità.
Marco Tullio Giordana (I Cento Passi, La Meglio Gioventù) ha fatto un lavoro delicato ed educato, un buon film sul senso di giustizia da perseguire ad ogni costo.
Unica falla le scene in cui la Ragonese boxa contro un sacco in palestra, giusto per farci capire che è una tosta.
Beh questo stralcio inutile e ridondante non l’avrei proprio messo, non serviva certo per aiutare l’attrice a calarsi nel personaggio, c’era già riuscita da sola senza questo luogo comune sciapo.
Potete vedere il film di Marco Tullio Giordana qui sotto
Disclaimer: Le foto e i video di Yara appartengono a Netflix